venerdì 16 aprile 2021

Pieces of a Woman

di Kornél Mundruczò.

con: Vanessa Kirby, Elle Burstyn, Shia LaBeouf, iliza Shlesinger, Benny Safdie, Sarah Snook, Molly Parker, Steven McCarthy.

Drammatico

Ungheria, Canada, Usa 2020















Frammenti di una donna, di una vita fatta a pezzi e ricomposta, a stento, in un non breve periodo di tempo. Frammenti microscopici, quasi incapaci di riallacciarsi tra loro, ma che, in un modo o nell'altro e non per le brevi vie, alla fine ci riescono. Al suo primo film anglofono, l'ungherese Kornél Mundruczò porta in scena una sceneggiatura della compagna Kata Wèber creando un melodramma forte, intenso ma anche troppo virtuosistico.


Il dramma che dà via alla de-composizione umana della protagonista, un'incredibile Vanessa Kirby giustamente premiata con la Coppa Volpi, è quanto di più devastante si possa immaginare, ossia la perdita della figlia pochi attimi dopo la sua nascita. Segue una spirale "classica" fatta di abbandono e dolore, che trova solo nel finale la sua ideale catarsi.


Il lavoro svolto dagli attori e fenomenale, come giustamente ci si potrebbe aspettare; tolta la Kirby, Shia LaBeuf fa dimenticare le sue cadute artistiche regalando una performance solida e sentita; meglio di lui fa solo Ellen Burstyn, negli scomodi panni della ricca matriarca che assiste dapprima all'unione male assortita della figlia con un compagno non abbiente, poi al suo disfacimento umano dovuto al lutto.
La regia fa di tutto per esaltare al massimo le interpretazioni: tra lunghi piani sequenza e primi piani serrati, la macchina da presa insegue gli attori mettendosi a loro disposizione, creando una messa in scena naturalistica, ma anche virtuosistica, che talvolta finisce per fagocitare il racconto, come nell'epilogo o nella scena della riunione di famiglia, talmente estrose da divenire fredde nell'accezione peggiore del termine.


Fortunatamente, Mundruczò sa anche quando tirare le redini e le scene più importanti finiscono per colpire a segno; ed è fin troppo facile elogiare la cruda e commovente sequenza del parto, superata in realtà da quella, decisamente più struggente, del monologo finale, dove per l'unica volta la regia si cala totalmente nei panni della protagonista per darle la catarsi che a lungo ha inseguito.
Il resto del racconto viene snocciolato con distacco, ma, al contempo, con una ricerca costante dell'emotività. Non c'è il rifiuto di una caratterizzazione umana e sentimentale dei personaggi, spesso data da simbolismi ben esposti, come quello della mela o dell'alcool; la regia agisce su due fronti, portando in scena personaggi emotivi e fragili con un occhio quasi clinico; e se ciò porta talvolta a scivoloni, come la scena del bus "infestato" da bambine, più spesso riesce a convincere, soprattutto quando questa dualità è sottolineata dalla bellissima fotografia di Benjamin Loeb, che giustappone interni freddi ad esterni gelidi.


Il dramma riesce così a convincere: nonostante qualche scelta poco azzeccata, "Pieces of a Woman" coninvolge, soprattutto grazie all'ottimo cast.

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