con: Kingsley Ben-Adir, Eli Goree, Aldis Hodge, Leslie Odom Jr., Lance Reddick, Nicolette Robinson, Michael Imperioli.
Usa 2020
Non è mai cosa semplice confrontarsi con il passato, sopratutto con quello recente; quest'anno, anche a causa della svolta "politica" che le premiazioni americane hanno preso, ci hanno pensato "Il Processo ai Chicago 7" e "Judas and the Black Messiah" a confrontarsi con l'eredità scomoda degli anni '60 e su come questa debba essere ancora assimilata da gran parte del tessuto sociale. In un'ottica del genere, un film come "Quella Notte a Miami..." risulta quasi ridondante e inerte, vuoi a causa della competizione, vuoi a causa delle limitazioni che il testo di base (una piéce di Kemp Powers, qui anche produttore e sceneggiatore) porta con sé.
Con uno sforzo immaginifico simile a quello fatto da Nicolas Roeg in "Insignificance", viene portato in scena un incontro ideale tra quattro figure essenziali per l'emancipazione afroamericana: Malcolm X (Kingsley Ben-Adir), Cassius Clay (Eli Goree), Jim Brown (Aldis Hodge) e Sam Cooke (Leslie Odom Jr.) si ritrovano in una stanza di motel a Miami per festeggiare la vittoria di Clay su Sonny Liston. Inevitabilmente, la questione della lotta per i diritti civili prende il sopravvento e porta al confronto tra i quattro.
Powers immagina i quattro protagonisti alla vigilia dei propri cambiamenti: Malcolm X sta per partire per La Mecca, viaggio che lo porterà ad abbandonare la guida del controverso imam Elijah Muhammad per creare un proprio nucleo di fedeli musulmani afroamericani; Cassius Clay, appena divenuto campione del mondo, sta invece per entrare in seno alla guida di Muhammad e cambiare nome in Muhammad Alì; Jim Brown, battuto il record di iarde percorse durante la sua carriera come rugbista, decide di abbandonare il mondo della NFL per divenire attore a tempo pieno, mentre Sam Cooke sta per lanciare la bellissima "A Change is gonna come", canzone decisamente diversa dal suo solito repertorio.
Tutti e quattro sono sulla soglia dell'eternità e, per Malcolm X, purtroppo, della morte. L'anno è essenziale, il 1964, con la Guerra del Vietnam alle porte e la battaglia per i diritti civili pronta a infiammarsi in tutta America. Il potenziale drammaturgico e umano è immane, ma la scrittura, sfortunatamente, resta sempre sulla superfice.
Il confronto scatta tra Malcolm X e Sam Cooke, ossia tra il leader per i diritti civili, figura più "impegnata" del gruppo, ed un cantante che, pur riallacciandosi alla cultura soul e gospel, si esibisce per lo più per un pubblico bianco, lasciando le sue note lontane dall'impegno. X è il combattente, preoccupato per le sorti della sua gente, mentre Cooke è l'artista colto ad un passo da un bivio, mentre ancora cerca solo di intrattenere, benché supporti da sempre artisti di colore. Lo scontro, malauguratamente, ristagna nelle coordinate dell'impegno totale contro una forma di impegno più materiale che ideologico, ma resta sempre ancorato su coordinate prevedibili, con un Malcolm X che fa da cattivo maestro ed un Sam Cooke "peccatore", pronto però ad una facile ricomposizione una volta che gli animi si sono calmanti. Clay e Brown sono, purtroppo, poco più che spettatori in una battaglia ancora non loro. Difetto totale che affossa ogni buon intento; e vien da ridere se si pensa che Powers ha ammesso come l'idea per il testo gli sia venuta nella sua esperienza dietro le quinte di "Star Trek Discovery" come unico sceneggiatore di colore in una write room di bianchi...
L'impegno è, si, encomiabile, ma la forza drammaturgica assente, nonostante le ottime prove dei quattro attori. La regia di Regina King, al suo esordio al cinema e più famosa come attrice, è del tutto al servizio del cast, ma tiene bene il ritmo di un dramma da camera che ben avrebbe potuto rivelarsi stantio anche nella messa in scena.
Su tutto, vige un alone di occasione mancata: una riscrittura più incisiva del testo ben avrebbe consentito a questa storia "ispirata a eventi reali" di essere qualcosa di più di un semplice kammerspiel finto-impegnato. Sorge, anzi, il forte dubbio che tutto non sia altro che una manovra di "Oscar-baiting" che smuove nomi importanti e argomenti urgenti solo per fare incetta di premi.
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