con: Virginie Efira, Charlotte Rampling, Daphne Patakia, Lambert Wilson, Olivier Rabourdin, Louise Chevilotte, Hervé Pierre, Clotilde Courau.
Francia, Belgio, Olanda 2021
A 83 anni suonati, a Paul Verhoeven non interessa calmarsi, ritrattare le sue posizioni più scomode, tantomeno evitare di scandalizzare. E "Benedetta" è, in tal senso, il perfetto film verhoeveniano, pregno di provocazioni, immagini che vogliono essere controverse e personaggi scomodi immersi in un contesto sacrale che viene puntualmente dissacrato. E, per la cronaca, nonostante la veneranda età, l'autore non ha perso un'unghia della sua capacità.
"Benedetta" è un film sulla fede... alla Verhoeven, ossia colui che ha diretto "RoboCop" per farne una metafora su di un "Gesù Cristo Cyberpunk" che, nella più pura tradizione americana, risorge per massacrare chi lo aveva crocefisso. In tal senso, questa nuova provocazione si riallaccia a quanto aveva già fatto ne "L'Amore e il Sangue" del 1985; lì, un gruppo di mercenari del Medioevo fortemente devoti a San Martino si faceva guidare da una statua del santo nella ricerca della fortuna; con la statua del santo che altro non era se non lo strumento in mano ad un frate che decideva da solo dove andare.
Anche in "Benedetta" la fede si fa strumento di manipolazione. La Benedetta del titolo è una ragazza dalla fede incrollabile, che per puro caso riesce a compiere dei miracoli, in realtà coincidenze che le circostanze portano ad inquadrare come interventi divini. Le cose ovviamente si complicano quando nell'equazione si aggiunge un altro degli elementi della poetica verhoeveniana, ossia la carnalità.
L'attrazione di Benedetta per la scapestrata novizia Bartolomea porta alla deflagrazione, alla distruzione di quella fede che la sorreggeva e che si fa, poco alla volta, strumento per l'affermazione personale. Ma la fede di Benedetta era davvero forte in partenza? In realtà no: quella che per lei era devozione, altro non era che una devianza sessuale, un'attrazione in realtà fisica verso un feticcio religioso che si fa ricettacolo di quelle pulsioni sessuali che il contesto monastico castra, tant'è che il suo Gesù prende le forme di un guerriero fantasy di bianco vestito. Ne consegue come la carnalità, lo scandalo di una relazione omosessuale (per di più tra due "spose di Dio") altro non è se non la chiave di volta per sovvertire tutte quelle certezze della fede che, in un modo o nell'altro, i personaggi danno per scontato. Non che, in realtà, tali personaggi fossero tanto pii per cominciare: sia il vescovo di Lambert Wilson che la madre superiora di Charlotte Rampling sono, almeno fino ad un certo punto, più interessati a tenere salde le proprie sfere di influenza o a lucrare sui "miracoli" che a scandagliare gli avvenimenti sul piano teologico.
La ricostruzione storica del gioco di potere si fa però sin da subito declinazione beffarda della sessualità delle protagoniste, con visioni erotico-religiose che sembrano uscite da una versione ipertrofica de "I Diavoli". Verhoeven calca sempre la mano trasformando ogni scena in un affondo grottesco alle convenzioni, con un uso quasi cartoonesco dei simbolismi (la meteora) che trasforma quella che avrebbe potuto essere una riflessione seriosa in uno sberleffo, una pernacchia al concetto di religione (ma non di fede: il bersaglio è l'istituzione, mai i suoi seguaci) e ai dogmi oscurantisti che porta con sé.
"Benedetta" è così un affronto divertito al concetto di dogma, allo squallore umano che si cela dietro l'istituzionalizzazione del credo e un'analisi della forza manipolativa della suggestione. Un'opera beffarda ed estremamente riuscita, che potrebbe scandalizzare però solo i più biechi puritani, tanto sono condivisibili e fondate le critiche che muove.
Polvèron uber alles ;)
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