di Zack Snyder.
con: Sofia Boutella, Michiel Huisman, Staz Nair, Charlie Hunnam, Ray Fisher, Cleopatra Coleman, Bae Doona, Djimon Hounsou, Ed Skrein, E.Duffy, Jena Malone, Fra Fee, Cary Elwes, Anthony Hopkins.
Fantastico/Avventura/Azione
Usa, Regno Unito, Ungheria, Svezia, Danimarca 2023
---CONTIENE SPOILER---
Durante la promozione di "Batman v. Superman- Dawn of Justice", Zack Snyder ha candidamente affermato di come da ragazzo non leggesse e tantomeno conoscesse fumetti di supereroi. Per lui, i fumetti erano praticamente solo quelli di "Heavy Metal" e "2000AD", ossia storie cupe e caratterizzate da violenza e sessualità spinte. Il che spiega come mai nelle sue mani persino l'Azzurrone abbia un cipiglio sinistro.
"Rebel Moon" è così il coronamento della sua visione fantastica, uno "Star Wars con sesso e violenza" come lui lo ha definito che sembra davvero uscito dalle pagine dell'antologico di Moebius e soci; e che si rivela un frullato di praticamente tutte le fonti di ispirazioni possibili e immaginabili servito in due parti, di cui "Figlia del Fuoco" è praticamente il solo antipasto. Un portata fatalmente insipida, eppure inspiegabilmente dignitosa.
Ispirazioni che si palesano subito dalla trama: laddove "Guerre Stellari" era un remake fantasy/Sci-Fi de "La Fortezza Nascosta", "Rebel Moon" riprende il film per antonomasia di Kurasawa, ossia "I Sette Samurai", e lo trasporta nello spazio profondo con circa 44 anni di ritardo rispetto a quanto fatto dal mitico Roger Corman con "Battle beyond the Stars". La storia è praticamente la stessa, con un villaggio di contadini razziato questa volta dai nazisti spaziali di lucasiana memoria e la protagonista Kora (la sempre bella Sofia Boutella) che si imbarca in un viaggio per mettere insieme un gruppo di guerrieri per difenderlo.
Il mondo di Kora e soci sembra poi uscito da "Warhammer 40.000", con super marine in armatura e armi letali adorate con fregi e rifiniture. Ma sul piano narrativo (proprio come il famoso gioco da tavolo) altro non è se non una versione semplificata dell'universo creato da Frank Herbert, con un impero (chiamato anche qui Imperium) guidato da un despota contro il quale un pugno di ribelli si scontra a muso duro; ribelli guidati da due giovani, di nuovo fratello e sorella anche se non gemelli e privi di poteri magici, mentre il cattivo principale, il generale di ferro e sessualmente perverso interpretato da Ed Skrein, è praticamente un Hans Landa armato di bastone.
Si potrebbe andare avanti all'infinito a cercare tutti i rimandi e i debiti di ispirazione usati da Snyder, ma sarebbe tempo buttato alle ortiche, visto che non fa nulla più di quanto altri sceneggiatori di narrativa fantastica fanno negli ultimi anni, ossia saccheggiare tutto ciò che è venuto prima e ripresentarlo in una forma solo apparentemente originale.
Il vero peccato capitale di Snyder è semmai quello di creare una narrativa del tutto piatta, dove ad un paio di protagonisti tutto sommato simpatici non viene appaiato praticamente nulla di interessante. Il processo di ribellione è meccanico, i comprimari, per quanto affidati ad attori affiatati, sono monodimensionali e almeno in questa prima parte non fanno nulla di rimarchevole se non essere introdotti e restare sullo sfondo degli eventi; il mondo creato e portato in scena è ameno e visivamente stimolante, ma del tutto privo di forme di interesse. Tutta la narrazione è poi lineare e procede come ci si può aspettare da una space-opera del genere, senza aggiungere nulla di davvero memorabile. Tranne un paio di piccole variazioni stranamente riuscite.
La più palese è data da quel colpo di scena che scombina lo schema prestabilito degli eventi. Il personaggio di Charlie Hunnam, che fino alla fine del secondo atto rimane saldamente chiuso nel suo ruolo di "Han Solo del discount", alla fine si rivela essere non un ladro dal cuore d'oro, ma il suo esatto opposto, ossia un opportunista fatto e finito. Il climax non avviene così al villaggio di partenza, come da copione, e la situazione non si risolve grazie agli sforzi congiunti del gruppo, ma solo grazie al coraggio del personaggio di Gunnar, il contadino bello e goffo che fino a quel momento altro non era se non l'interesse amoroso della protagonista e il surrogato dello spettatore al quale spiegare l'antefatto. Variazione che dona un tocco di originalità, ma che rende totalmente inutile quanto visto in precedenza, visto che alla fine i sette samurai rimangono sullo sfondo del combattimento finale, a non fare letteralmente nulla.
La variazione meno scontata è invece la strana cura che Snyder riserva nella messa in scena. Intendiamoci, anche qui tutti i suoi brutti marchi di fabbrica ritornano prepotenti, come i famosi ralenty, che ora raggiungo un ulteriore vertice di pacchiana inutilità, come quando ne usa uno su di un primo piano della protagonista che spara o quando ne usa un altro per enfatizzare il suo mantello che svolazza mentre lei scene da un'astronave, così, tanto per; torna anche il montaggio sin troppo spezzato delle singole scene, con inserti, spesso anch'essi al ralenty, inseriti praticamente a caso. Eppure la cura che qui riserva nella costruzione delle singole inquadrature non ha davvero precedenti nella sua filmografia (si potrebbe eccepire quanto fatto in "300" e "Watchmen", ma va ricordato che lì erano praticamente ricalcate su molte delle tavole originali dei fumetti); cosa che risulta a dir poco spiazzante laddove si tiene conto di come il precedente "Army of the Dead" fosse a tratti inguardabile e soprattutto di come abbia curato la fotografia lui stesso. Se la storia è quindi bolsa e stravista, per lo meno l'aspetto visivo per una volta non urta gli occhi.
Andrebbe poi fatto un plauso al buon Snyder per aver creato un'epica sci-fi dove non solo la protagonista è una donna forte e cazzuta (e non solamente lei, ma praticamente tutte le donne che appaiono su schermo, persino quando finiscono per essere le vittime della violenza), ma dove sono gli uomini ad essere relegati a quei ruoli solitamente lasciati ai personaggi femminili, come il compagno di viaggio innamorato o quel guerriero-Tarzan costantemente mezzo nudo, utile solo a titillare i sensi di chi apprezza la bellezza maschile; il tutto senza sottolinearne l'innovatività o farlo pesare allo spettatore, il quale, anzi, per una volta viene trattato con il rispetto che merito quando si tratta di snocciolare la tematica della rappresentazione di genere.
Pur tuttavia, si tratta di pregi davvero pallidi e che non riescono a salvare la visione. "Rebel Moon" è un'opera tanto accorata e ambiziosa quanto impacciata, che alla fine non lascia davvero niente di memorabile allo spettatore e conferma solo lo status di Snyder di regista appassionato, ma inetto.
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