lunedì 13 maggio 2024

Priscilla

di Sofia Coppola.

con: Cailee Spaeny, Jacob Elordi, Ari Cohen, Dagmara Dominczyk, Tim Post, Lynne Griffin, Dan Beirne, Rodrigo Fernandez-Stoll.

Biografico

Usa, Italia 2023
















La fascinazione femminista che la Coppola sembra subire da qualche anno a qeusta parte si era concretizzata nel brutto "L'Inganno" già nel 2017; tonfo al quale era seguito l'evanescente "On the Rocks", di carattere prettamente più personale e lontano in parte dalle influenze politiche. 
Con "Priscilla", la figlia d'arte prova una carta in parte inedita, ossia un biopic che le permetta di ritrarre la figura di una donna vittima di una figura maschile che la sfrutta e la schiaccia, in un paradigma femminista di fin troppo facile costruzione, cosa che aveva già in parte fatto con "Marie Antoniette", ancora oggi uno dei suoi pochi film davvero riusciti. Il risultato è un'opera tutto sommato convincente, ma del tutto priva di nerbo.




La storia di Priscilla Beaulieu (Cailee Saeny) e Elvis (Jacob Elordi) viene riportata con dovizia di particolari, rifacendosi direttamente alla sua autobiografia. La Coppola la rilegge, appunto, come il dramma di una donna-bambina follemente innamorata di un uomo più grande, al quale dedica tutta se stessa ricevendo poco o nulla in cambio.
Il dramma di Priscilla è quello di una ragazza divenuta orpello, un essere umano usato come appiglio di speranza da un uomo afflitto dal lutto. La relazione tra i due, come da sempre sostenuto dalla vera Priscilla Presley, inizia in modo platonico: Elvis aveva bisogno non di una donna, quanto di una persona che fosse in grado di ascoltarlo, di dargli supporto a seguito della morte dell'amata madre.




La Coppola dipinge tale rapporto appunto come platonico, ma sottolinea come l'assenza di una relazione fisica abbia finito per compromettere l'affettività della ragazza. Il che talvolta finisce per far scadere il film nel cattivo gusto, visto che si tratta pur sempre della relazione tra una diciasettenne e un uomo di molto più grande, il quale vuole semplicemente attendere il raggiungimento della sua maggiore età prima di possederla fisicamente. 
Laddove la Coppola riesce perfettamente nel far trasparire il dramma della sua protagonista è nel suo ruolo di reclusa in un castello dorato, quella Graceland ove nulla le manca, tranne gli elementi essenziali per una vita vera, ossia i rapporti umani.




Graceland diventa una prigione asfissiante, perennemente ritratta in giusto un pugno di inquadrature in modo da incrementare la sensazione di claustrofobia. Il carceriere è lo stesso Elvis, che usa la donna amata come puro sfogo. Un appiglio, sicuramente, ma anche un oggetto da possedere e da plasmare a suo piacimento, modificandone l'aspetto fisico e quello caratteriale anche tramite l'uso delle pillole del quale lui stesso è schiavo.
Priscilla diventa così la succube di un uomo sensibile, ma privo di tatto nei suoi confronti, debole, ma pronto alla facile ira, del tutto incapace di comprenderne o persino percepirne gli effettivi bisogni. L'Elvis di "Priscilla" è tanto carnefice quanto vittima, schiacciato dal successo, compromesso dalle necessità dello showbusiness e di riflesso schiavo di quel colonnello Parker che pur non apparendo mai su schermo riesce lo stesso a gettare la sua ombra sinistra sulla storia.  
Una lettura credibile e veritiera, che riesce anche grazie all'impegno del cast, ma che trova un limite assoluto nell'incapacità della Coppola di tirare su una narrazione coinvolgente.




"Priscilla" è un film fin troppo freddo e compiaciuto della sua stessa freddezza, chiuso in inquadrature talvolta inutilmente statiche, ammantato in una fotografia dai colori fin troppo freddi persino in quella prima parte dove invece la storia d'amore tra la giovanissima figlia di un capitano di stanza in Germania e un sex symbol follemente innamorato avrebbe meritato un'estetica decisamente più gradevole. Tutto è freddo, dai dialoghi alle performance, dal montaggio volutamente fiacco alla fotografia dalle luci fin troppo naturalistiche. Scelta estetica del tutto coerente con il racconto di una donna chiusa in un rapporto privo di vera passione, ma che finisce per compromettere la possibilità dello spettatore di essere davvero schiacciato dall'atmosfera opprimente che la protagonista dovrebbe vivere, venendo invece schiacciato da un senso di gelo e talvolta di noia. 
La Coppola predilige uno stile vacuo, un ritmo flemmatico, una narrazione (in generale) del tutto inerte e per questo del tutto inerme, quella propria di praticamente tutto il suo cinema. Un cinema convinto che la sottrazione assoluta sia sinonimo di maturità, da sempre adagiato sulle coordinate di un'essenzialità che arriva a sfiorare il ridicolo, come in questo caso, dove l'assenza di controcampi in molte scene inificia persino il lavoro degli attori. 




Questo suo exploit finisce così per essere ben eseguito, ma tutto sommato insipido. Un perfetto controcampo al fin troppo sgargiante "Elvis" di Luhrmann come è stato definito? Sicuramente. Ma questo non lo rende davvero memorabile, purtroppo.

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