con: Jane Fonda, Anita Pallneberg, John Philip Law, Milo O'Shea, Ugo Tognazzi, Marcel Marceau, David Hemmings.
Fantastico/Commedia
Italia, Francia (1968)
Anni '60: l'emancipazione dei costumi sessuali dalle restrizioni perbeniste diviene un'imperativo; la sessualità comincia ad essere rappresentata in maniera più diretta, meno velata; l'ipocrisia di un perbenismo mediatico che frustra qualsiasi pulsione sessuale esterna cede il passo alla gioia dell'esternazione; nel 1962 si affaccia nelle edicole francesi una strip ironica e provocatoria: "Barbarella", ideata da Jean-Claude Forest.
In un mondo simile a quello del Flash Gordon di Alex Raymond, l'omonima eroina vive una serie di avventure sexy e demenziali, volte ad illustrare la tenerezza e l'innocenza della maturazione sessule, contrapposta al cupo e malefico controllo che la società vorrebbe imporli; nel 1968, ben 12 anni prima dell'adattamento di "Flash Gordon", Dino De Laurentiis decide di trasporre su schermo il fumetto di Forest, fiutando un possibile successo visti moti di contestazione (anche femminista) che infiammavano le strade: "Barbarella" diviene un film, diretto dal francese Roger Vadim e intepretato dalla bellissima Jane Fonda.
All'epoca non fu un grosso successo, ma nel corso degli anni la pellicola diviene giustamente un cult, citato e riverito da molti attori e filmakers, tra i quali Robert Rodriguez (che nel 2008 tentò di farne un remake con Rose McGowan, senza riuscirci) e Mike Myers (che ne riprende la sequenza d'apertura nel suo "Austin Powers: la Spia che ci Provava" nel 1999).
La trama del film è un puro pretesto: la bella atronauta Barnarella (la Fonda) viene incaricata dal Governo Terrestre di ritrovare uno scienziato perso nei meandri dello spazio cosmico; l'eoina presto giunge sul pianeta Lythion, governato da una Regina Nera (Anita Pallenberg) che ha trasformato la città di Sogo in un luogo di lascivi piaceri.
Nonostante il remoto futuro venga descritto come un'utopia pacifista in cui ogni guerra è stata bandita, è inutile cercare nel film metafore o simbolismi: l'universo di "Barbarella" non è e non vuole essere foriero di una morale politica; più che altro, l'intento del suo autore è la mera celebrazione degli ideali controculturali dell'epoca: il piacere sessuale viene dipinto in modo giocoso ed innocente perfino nelle sue devizioni più cupe, come il sadismo; fulcro perfetto di tale intento è proprio il personaggio della protagonista: Barbarella è bella, di una bellezza accecante ma candida, dal carattere determinato ma un pò naif; è una sorta di Alice alla scoperta di un mondo folle e affscinante, nel qualeviene letteralmente risucchiata ed imprigionata; Barbarella è un'eroina femminista vera e propria: decide lei a chi concedersi e come, è lei ad attirare le attenzioni degli uomini, ma non ne è mai vittima; un femminismo, il suo, che non ripudia la bellezza estetica e che anzi la trasforma in vantaggio.
Oggetto del desiderio diviene così l'angelo (o per meglio dire "alio-fusto") Pygar (John Phlip Law): celestiale ed innocente manzo palestrato semi-nudo che, in una perfetta sovversione dello stereotipo della "principessa in pericolo" dei romanzi avventurosi, diviene partner sessuale della protagonista e sogno proibito della Regnina Nera, interpetata da una conturbante Anita Pallenberg; perfetto controaltare di Pygar è "l'acchiappabimbe" Mark Hand, intepretato da un irsuto Ugo Tognazzi: uomo rude e affscinante, insegna a Barbarella le gioie dell'amore "vecchia maniera", in contrapposizione alla deriva tecnocrate che vorrebbe il coito relegato all'uso di pillole, inno all'"amore libero" ancora ilare (tant'è che Woody Allen riprenderà l'idea nel divertene "Il Dormiglione" nel 1973).
La sessualità, si diceva, è giocosa e divertente; le perversioni sono descritte acnh'esse come pratiche simpatiche e senza alcuna morbosità: l'amore saffico, solo accennato, tra Barbarella e la Regina Nera viene inserito in un contesto di devianza (la città di Sogo, moderna Sodoma), ma non condannato, il sadismo "maschio" del torturatore interpretato da Milo O'Shea viene ridicolizzato in una scena da antologia e l'abuso di droga, pur non condannato, viene posto sotto una luce sarcastica nella scena, anch'essa degna di memoria, del "narghilè umano":
Forte del grosso budget messo a disposizione da De Laurentiis, Vadim mette in scena un trip psichedelico ad occhi aperti: scenografie oniriche, costumi folli e musica pop (del mitico Charles Fox) creano un'atmosfera divertente e immagini pacchiane che deliziano l'occhio; le inquadrature di Vadim valorizano perfettamente lo sfarzo produttivo e si fanno ardite: lo striptease iniziale è ancora oggi affascinante e i costumi, squisitamente pop, che la Fonda sfoggia di volta in volta sono da antologia della seduzione.
"Barbarella" è un esempio riuscito di cinema pop d'àntan: coraggioso nella voglia di mostrare un mondo ignoto per l'epoca (quello della sessualità, da sempre censurata nel cinema mainstream) senza veli e senza morbosità, divertente nella sua semplicità narrativa, non annoia e, pur con le sue poche pretese, riesce a porsi come simbolo della voglia di emanciapzione di un'epoca.
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