venerdì 5 novembre 2021

Freaks Out

di Gabriele Mainetti.

con: Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Aurora Giovinazzo, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski.

Fantastico/Avventura/Guerra

Italia, Belgio 2021

















Se è stato difficile produrre un film come "Lo Chiamavano Jeeg Robot", per "Freaks Out" il duo Guaglianone/Mainetti ha davvero rischiato di veder naufragare il progetto; troppo ambizioso per il sempre più pezzente sistema produttivo italiano, con i produttori affaristi di turno interessati solo ad un ipotetico "Jeeg 2" (guarda caso, proprio gli stessi che risero loro in faccia alla proposta del primo film) o ad una serie televisiva, ossia un mero contenuto da aggiungere sulle liste di streaming. Dopotutto, nel 2021 una produzione da 15 milioni di euro circa è ancora faraonica in un sistema abituato a produrre centinaia di film l'anno con meno di un milione a produzione e con risultati esasperanti.
Ma i due non hanno desistito e, in barba anche alle difficoltà in fase di riprese e distribuzione, "Freaks Out" esce nelle sale e conferma il talento dei suoi autori, che confezionano un film supereroistico in costume più grande e complesso di quello che l'ha preceduto.


Se in "Jeeg" l'archetipo era quello dell'antieroe divenuto suo malgrado eroe, qui protagonisti sono un gruppo di "freaks", di personaggi dotati di poteri sovraumani che li rendono disumani, incapaci di conformarsi alla normalità e per questo reietti sociali. Il punto di riferimento è meno ovvio di quanto si possa pensare: gli X-Men di Jack Kirby e Stan Lee sono passati alla storia come l'archetipo del superuomo alienato a causa della propria specialità, ma come simbolo del "diverso" hanno sempre macnato il bersaglio; tutti gli uomini e le donne X saranno anche perseguitati dagli intolleranti e dotati di poteri che spesso ne hanno distrutto l'esistenza, ma hanno tutti (o quasi) l'aspetto di supermodelli palestrati e attrici porno mancate, tant'è che spesso non si capisce cosa abbiano di davvero "diverso" dai normali (persino l'amatissimo Wolverine, che nei fumetti era un tappo peloso, nella trasposizione filmica diventa un manzo australiano da un metro e novanta, alla faccia della diversità come maledizione). 



Nella loro caratterizzazione di "brutti e pericolosi", i freaks di Mainetti e Guaglianone sono più vicini a quella Doom Patrol di casa DC che non solo ha preceduto e forse ispirato gli Uomini X Marvel, ma che è anche riuscita nell'impresa di presentare al pubblico un pubblico di eroi "diversi", brutti, quasi dei mostri chiamati a salvare la situazione grazie alla loro deformità. I quattro protagonisti sono, in tal senso, l'esatto opposto degli eroi Marvel e DC: non vogliono salvare nulla, se non loro stessi, cercano di sopravvivere in un contesto, quello bellico, che, nelle loro stesse parole, tira fuori il peggio delle persone.


Di fatto, freaks sono anche quelli che in teoria dovrebbero essere gli eroi del contesto, ossia i partigiani, qui ritratti come essere umani mutati dalla guerra in storpi pazzi e assetati di sangue, ma che alla fine riescono a riguadagnare un barlume di umanità. Per gli "eroi", invece, l'unica consolazione è quella di essere sopravvissuti al peggio (forse) e aver trovato un legame famigliare che li unisca l'un l'altro.
La loro caratterizzazione è basilare: Matilde è l'orfana in cerca di una figura paterna, Fulvio è quello scafato e disilluso, mentre Cencio e Mario sono due bambini relegati a fare da linea comica. Se non funzionerebbero presi singolarmente, insieme le loro caratterizzazioni si completano a vicenda, rendendo la dinamica di gruppo interessante.


La tridimensionalità è invece riservata (come quasi sempre accade) al villain, quel Franz che, deforme e chiaroveggente, non si sente escluso dai dettami del III reich, che anzi intende onorare, volendo fare parte del sistema piuttosto che uscirne. Franz è, in tutto e per tutto, un bambino in cerca di una famiglia, pronto a fare di tutto per ricevere l'accettazione da parte di questa, pur essendo pienamente cosciente della tragedia che colpirà il suo partito. Un uomo ossessionato dai simboli nazisti più che dalla sua filosofia (la sua donna, Irina, è di chiare origini slave), quasi una vittima inconsapevole della grandiosa propaganda di partito del quale vuole condividere la (illusoria) grandezza.


In sede di messa in scena, Mainetti ben avrebbe potuto adagiarsi sul canone felliniano, vista la comunanza dei luoghi, ossia la Roma del XX secolo e, soprattutto, il circo. La fantasmagoria del grande autore riminese, d'altro canto, sembra fare più che altro da base per una propria visione: il circo dei freaks diviene luogo incantano, un mondo nel mondo piuttosto che la solita sarabanda allegra, distrutto subito dall'avanzare della realtà sulla fantasia in una sequenza da antologia. Il circo tedesco, più grande e sfarzoso, diviene uno spettacolo quasi hollywoodiano intriso di simbologia nazista, un paradiso in Terra che, sotto la coltre attraente, cela tutto l'orrore dei centri di sperimentazione e dei forni crematori. E, oltre a quella citata, Mainetti azzecca anche un'altra scena memorabile, ossia il saluto nazista "insanguonato" eseguito da Franz una volta abbracciata la sua totale follia.


L'idea di calare i personaggi in un contesto bellico paga non solo in termini di originalità e spettacolarità: il percorso da loro affronto diviene la cartina di tornasole dei sopravvissuti, di coloro che sarebbero in grado di fare tutto pur di arrivare al domani. E il duodi autori riesce anche nella non facile impresa di non scadere nel banale: benché il cattivo sia alla ricerca dei "diversi" per farne delle armi, ossia degli "eletti" tra i ranghi del Reich, una delle prime sequenze ricorda allo spettatore come i diversi fossero davvero oggetto di violenza immotivata, scansando così ogni eventuale polemica.


Mainetti dirige bene il racconto, ma incappa in un secondo atto un po' farraginoso. La sua mano è leggermente imprecisa nelle sequenze di battaglia, che forse avrebbero meritato una regia più attenta e fluida. Difetti veniali: "Freaks Out" riesce lo stesso a incantare con la sua carica visionaria e l'umorismo casereccio che, per una volta, non fa scadere il tutto in caciara. Cinema spettacolare e accorato, che merita davvero l'attenzione di un pubblico che sembra apprezzare molto di più prodotti simili, ma fatti peggioe privi di identità alcuna.

4 commenti:

  1. Mi rincuora leggere questo post perché ho grandi aspettative per questo film, ma ne ho letto maluccio in diverse sedi. Spero di riuscire a vederlo al più presto per farmi un'idea mia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ha dei palesi difetti di ritmo e di scrittura, ma nulla che ne pregiudichi davvero la visione. Poi non tutti apprezzano il cinema di genere italiano e ciò accadeva anche nel passato "glorioso", figuriamoci oggi ;)

      Elimina
  2. a me il film è piaciuto molto, anche io ho trovato palese il riferimento a xmen (soprattutto a rogue com'è nel film però) e devo dire che per una volta in italia il reparto effetti speciali ha fatto il suo lavoro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, per una volta la CGI non ha deluso, mentre gli effetti pratici sono stati a tratti stupefacenti ;)

      Elimina