con: Agathe Rouselle, Vincent Lindon, Garance Marillier, Lais Salameh, Mara Cisse, Marin Judas, Diong-Keba Taku.
Francia, Belgio 2021
---CONTIENE SPOILER---
Con "Raw" la Ducournau si era fatta conoscere come una cineasta complessa, alla quale piace usare registri, toni e tematiche diverse per creare un racconto complicato messo al servizio di una storia in realtà semplice. Con "Titane", la giovane autrice fa di più, elevando la complessità del racconto all'ennesima potenza, fondendo echi cronenberghiani e trsukamotiani con una sensibilità europea austera e priva di compromessi, per narrare una storia ancora una volta non complessa, ma decisamente più ampia e a suo modo profonda. Trionfando a Cannes, con sommo sconforto di Nanni Moretti, che forse si aspettava che il suo "Tre Piani" venisse premiato per il capolavoro che non è. E se già Cannes è la prova del talento, l'odio di Moretti potrebbe davvero essere visto come la piena consacrazione.
Alexia (Agathe Rouselle) è un personaggio dall'indole stratificato, forte e al contempo fragile. Ci viene introdotta in modo magnificamente esplicativo: sin da bambina cerca di avere un rapporto diretto con il padre, ma lo fa tramite la violenza, in modo indisponente. Da qui, dopo un incidente, si ritrova una placca di titanio nella testa ed un feticismo per le automobili.
La ritroviamo anni dopo, cresciuta, mentre lavora come ballerina durante un esposizione automobilistica; non è cambiata: la sua attrazione per il metallo permane. Attrazione che si appaia al rifiuto della carne e con essa dei rapporti umani. Come in "Crash", il metallo è nuova carne, esso viene accolto nel corpo per creare una nuova vita, mentre il corpo umano altrui viene distrutto, fatto a pezzi, lacerato sadicamente ogni volta che viene usato come strumento per trovare un contatto umano. L'unione dei corpi, la penetrazione, è qui sinonimo di sola morte.
Afflato distruttivo che culmina con l'uccisione dei genitori, sacrificati in un fuoco distruttivo all'egoismo di Alexia. E da qui, "Titane" cambia letteralmente pelle e diventa altro.
Alexia cambia identità e gender, distruggendo e riplasmando il suo corpo diventa il figlio perduto di Vincent (Vincent Lindon), capitano dei vigili del fuoco distrutto dalla perdita. E "Titane" diventa la storia di un figlio e di un padre, dando forma a quel rapporto precedentemente castrato. Il tema identitario diventa centrale: laddove la carne si è fatta acciaio, ora l'io diventa perfetta maschera dell'interiorità, palesata tramite un volto non proprio, forse proprio per questo ancora più reale.
Alla Ducournau, di fatto, non interessa riflettere su come la modernità abbia modificato l'essenza e la corporalità dell'essere umano, a differenza delle sue fonti di ispirazione; le interessa, piuttosto, intessere nuovamente una storia sull'identità e la famiglia.
Alexia è una figlia in cerca di affetto, Vincent un padre in cerca di un figlio. La necessità li unisce, ma il loro rapporto non è meno vero o forte di uno effettivo vero e proprio. Da qui il racconto si concentra su loro due, sulla loro ideale contrapposizione: se Alexia è il metallo, il rifiuto della carne, Vincent è la carne, con un corpo anziano ma ancora possente, fragile e al contempo forte, imponente e ingombrante. Da cui la sintesi, in un finale che mischia in modo miracolosamente equilibrato splatter e sensibilità.
Se la Ducournau riesce a districarsi ottimamente nella storia, è nel racconto che trova una perfetta dimensione; con facilità spiazzante, fonde il registro drammatico con quello grottesco per dar vita a sequenze agghiaccianti, come quella del massacro alla fine della prima parte (dove tra l'altro ritorna il personaggio di Justine di "Raw", in un simpatico cameo). La sua mano è fermissima e la sua indole selvaggia perfettamente controllata, con un uso dei movimenti di macchina saggio e, soprattutto, uno sfoggio incredibile per la capacità di creare atmosfere sinistre e oniriche. "Titane" diventa così un dramma dalla fortissima espressività, eloquente e ipnotico, un piccolo esempio di cinema d'autore al contempo sfacciato e controllatissimo, prova di un ottimo talento.
Un film davvero difficile da dimenticare. Ho apprezzato moltissimo la duplice natura della protagonista, come sia impossibile odiarla come meriterebbe, e lo stesso il cambio di registro dopo l'apparizione di Vincent. Difficile trovare un horror che sconvolga e commuova, e Titane lo fa.
RispondiEliminaForse l'etichetta "horror" gli va un po' stretta, ma per il resto concordo ;)
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