giovedì 29 settembre 2022

Blonde

di Andrew Dominik.

con: Ana de Armas, Xavier Samuel, Evan Williams, Adrien Brody, Sara Paxton, Bobby Cannavale, Julianne Nicholson, Toby Huss, Lily Fisher, Caspar Phillipson.

Usa 2022
















Nel libro omonimo di Joan Carol Oates è riportato a caratteri cubitali come "Blonde" non sia una biografia ufficiale su Marilyn Monroe, quanto una storia ispirata alla sua vita. E la stessa cosa vale, di conseguenza, per il film di Andrew Dominik, che ne adatta le pagine in quasi tre ore e arriva su Netflix dopo un'accoglinza "divisa" al Festival di Venezia.
Una produzione complicata, che ha subito ritardi a causa dell'emergenza Covid, che ha perso più volte il volto principale, passando da quello di Jessica Chastain ad Ana De Armas, passando per Naomi Watts. E che Dominik dirige dopo anni di assenza dal cinema di fiction, a seguito del flop dello strano "Cogan- Killing them Softly" del 2013.
Quindi, se non si tratta di un biopic, cos'è davvero "Blonde"? 
Semplice: un ritratto a tinte fortissime di Norma Jean Baker, la donna dietro la maschera di Marilyn.



Perché la storia di Marilyn non è un semplice dramma, non è forse una comune tragedia umana consumatasi sotto le sfavillanti luci di Hollywood, quanto un incubo ad occhi aperti causato sia dai traumi, infantili e non, che dalla scissione di personalità tra la persona ed il personaggio. Non per nulla, fu proprio Tony Curtis a parlarne in tempi non sospetti, proprio lui che aveva conosciuto e amato Norma Jeane prima del successo e che si ritrova a lavorare con Marilyn Monroe alla fine degli anni '50 sul set del capolavoro "A qualcuno piace caldo", accorgendosi di come quella diva sia una persona diversa e non solo a causa delle tribolazioni che aveva affrontato e continuava ad affrontare fuori dal set.




La vita di Norma Jeane diventa così un vero e proprio film dell'orrore nel quale la protagonista viene risucchiata in un vortice di violenza, sopraffazione e distruzione. Dominik, riguardo la sua figura, è stato chiaro, definendola come la Afrodite del XX secolo che si è suicidata, sottolineandone la natura autodistruttiva. Ma nel suo ritratto, la distruzione è anche eteroindotta, causata in primis dagli abusi materni, ferita che si porterà a vita, in secondo luogo dal trauma degli aborti, con la prospettiva di una maternità come salvezza che viene puntualmente negata, in una spirale di violenza che continua a ripetersi sino alle estreme conseguenze.
Norma Jeane diventa così una donna distrutta dal dolore che si traveste da bomba sexy per mascherare il male interiore, restando costantemente alla ricerca di un amore che colmi l'assenza del padre. 




Marilyn Monroe è la maschera, un personaggio creato per essere dato in pasto al pubblico affamato di carne, quei fanatici dalle fauci costantemente spalancate e pronte a divorarla, perennemente armati di macchina fotografica puntata su di lei. 
Una maschera deformata e deformante, non una semplice facciata quanto una personalità nuova che contiene tutti gli elementi che il pubblico vuole vedere e solo quelli, ossia una bellezza sfolgorante appaiata ad un carattere da "stupidina" che la rende ancora più appetibile. Tanto che non c'è differenza con i ruoli che ricopre, i quali servono solo a regalare al pubblico quel corpo sensuale, quel sorriso smagliante, quella bellezza esagerata. Non per nulla, è lo stesso Dominik a confessare di non amarne i film (a parte ovviamente "A qualcuno piace caldo"), tacciandoli di essere sessisti.




Nel privato, le relazioni con Charlie Chaplin Jr., Joe DiMaggio e Arthur Miller diventano una rincorsa verso quel vuoto che la attanaglia. Il primo è lo spirito affine, persona distrutta da una figura paterna fin troppo presente, nemesi di quella di Norma, nella quale la donna trova una comunione umana prima ancora che fisica. Il secondo è quel padre che non ha mai avuto, il quale finisce per strangolarla quando non ne accetta lo status di sex symbol. Il terzo è il compagno ideale, l'unico che vede la persona dietro la maschera, la donna dietro il dolore e che ne apprezza le doti intellettuali prima ancora che quelle fisiche.




E poi c'è quella strana scena con John Kennedy, la quale non si capisce cosa davvero stia a significare. La relazione con JFK e Robert è cosa nota oggi come ieri ed è stata probabilmente questa a portarla alla morte, a prescindere dal fatto che si creda o meno al suicidio. Ma Dominik (così come la Oates prima di lui) riduce il rapporto ad una semplice sopraffazione fisica, descrive John come un mero stupratore seriale ed arriva finanche ad eliminare del tutto la figura di Robert. Il quadro che ne emerge è desolante, non tanto per la presunta lesa maestà verso la figura di un presidente fin troppo idolatrata dal pubblico, quanto per l'assoluta inconsistenza: la relazione con i Kennedy era un affare ben più complesso, l'averla reinquadrata come lo stupro di un uomo verso una bella donna non rende giustizia al reale e nell'economia del racconto risulta ridondante, gicché le violenze carnali subite da parte dei produttori già avevano trovato spazio nella prima parte del racconto; così come del tutto fuori luogo è la sequenza successiva, onirica e ai limiti del ridicolo, dell'aborto violento perpetrato dalla CIA e portato in scena come uno strambo episodio di "X-Files".




Scelta narrativa ed estetica che lascia confusi, soprattutto se si tiene conto di come altrimenti Dominik padroneggi storia e racconto. Usando scatti d'epoca e interviste come modello, ricrea il mondo di Marilyn come una serie di immagini glamour, le quali sono però ammantate da un tono perennemente cupo, magistralmente sottolineato dalle splendide note di Nick Cave e Warren Ellis. Mentre Ana De Arms è una Marilyn intensa e credibile, nonostante la figura troppo snella se paragonata a quella più prorompente della diva.
Tanto che alla fine, tolta la spiazzante scelta di rileggere l'affair Kennedy in modo strambo, "Blonde" è una perfetta fotografia espressionista di un'anima persa, un biopic che non è biopic quanto descrizione del subcosciente di una personalità borderline che ne restituisce appieno il dolore e le contraddizioni. Bello e tutto sommato riuscito.

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