con: Tom Cruise, Miles Teller, Jennifer Connelly, Jon Hamm, Val Kilmer, Glen Powell, Bashir Salahuddin, Charles Parnell, Monica Barbaro, Ed Harris.
Azione
Usa 2022
Si fa presto a fare un "legacy sequel" di "Top Gun", ossia uno dei film-manifesto degli anni '80, che ha creato mode e modi che ancora oggi perdurano. Si fa ancora più presto a usare come perno la nostalgia per cliché e stereotipi che oggi vengono osannati, nel bene e nel male, anche come reazione ad uno zeitgeist che vorrebbe la mascolinità come inesistente. E "Maverick" è in fondo tutto questo, ossia un sequel celebrativo carico di nostalgia, creato ad hoc per far piacere a chi ha amato il primo e per riportarne in auge i fasti. Il che è anche riuscito, visto il successo gargantuesco che ha avuto.
Per una volta, per fortuna, il risultato è anche accettabile, anche se, dopotutto, non è che ci volesse molto a rendere un filo migliore quel film retrograda e compiaciuto.
Torna Maverick, ovviamente, ma torna anche il suo eterno rivale e amore segreto Iceman, il quale in tutti questi anni ne ha coperto le marachelle in un mondo che per puro miracolo non è stato annientato dal conflitto atomico scatenato dai due nel 1986. Torna Goose, o quantomeno il suo fantasma, che perseguita il povero Mav da 36 anni. Torna la capa pelata di James Tolkan che come al solito rimprovera lo scapestrato Maverick, ma che questa volta è interpretata da quella di Ed Harris, rigorosamente sprecato. Non torna Kelly McGillis, la quale si è da tempo allontanata dai riflettori, ma che avendo perso totalemente avvenenzna e forma fisica non è stata ritenuta degna neanche di un cameo e nemmeno di essere nominata di striscio in mezzo dialogo. Al suo posto c'è invece Jennifer Connelly con la sua bellezza da cinquantenne immortale, nei panni di quella Penny che nel primo film veniva giusto menzionata in un dialogo come la figlia dell'ammiraglio che il buon Mav deflorava e che qui acquista un corpo fisico giusto per non far dubitare al pubblico che i due eroi del primo film sono in realtà solo ottimi amici (per la cronaca: nel 1986 la Connelly aveva poco più di 15 anni).
E poi ci sono le new entry, ossia Hangman, in teoria il nuovo Iceman, ma che è talmente antipatico da sembrare una sorta di Maverick con una faccia (ancora più) da schiaffi; Phoenix, la bella pilota donna, il cui ruolo è quello della bella pilota donna; Bob, quello con la faccia da secchione, perché ora anche se non si è superfighi si può diventare dei top gun; poi un altro paio di tizi che hanno la personalità di un appendiabiti e, soprattutto, il figlio di Goose, ossia Rooster (ovvero: gallo figlio di anatra!), il cui ruolo è chiarificato dal fatto che sfoggi gli stessi baffi del padre.
Tutto il progetto è come al solito frutto della volontà di Cruise, il quale, per fare le cose in grande, porta a bordo i fidi Joseph Kosinski e Christopher McQuarrie, che, fanno tutto sommato un buon lavoro... più o meno.
Kosinski accetta in pieno il suo ruolo di cantore della nostalgia e lo fa nel modo più completo possibile, ossia arrivando a feticizzare l'originale. L'incipt è chiarificatore dell'operazione, con una riproposizione inquadratura per inquadratura di quello del primo film, con tanto di tinta arancio e scritta introduttiva che lo rendono del tutto indistinguibile dalla fonte. Torna la scena del canto di "Great balls of fire!", questa volta virata al triste, così come i simboli che hanno fatto la moda nel 1986, come il bomber tappezzato e la moto a bordo pista. Ma al di là dei richiami, Kosinski svolge bene il suo compito e crea immagini spettacolari, garantite anche e soprattutto dall'uso di veri caccia in volo e valorizzate dal formato imax.
Lo script riesce a fare un piccolo miracolo e a creare una storia decente. Cruise e McQuarrie hanno capito di non poter creare un mero giocattolo nostalgico che sia solo e soltanto tale e decidono di far dire a Maverick qualcosa.
Da un lato, c'è il suo ruolo di padre surrogato per Rooster (e di riflesso per Amelia, figlia di Penny), con la missione usata come strumento per la riappacificazione tra i due.
Dall'altro c'è la ri-costruzione del ruolo del vecchio macho in un mondo moderno. Sembrava inizialmente che Maverick avrebbe ceduto la torcia ad una nuova generazione di fighi e accettato di aver fatto il suo tempo, ma si sa che una storia del genere avrebbe cozzato con l'immagine del suo interprete (e c'è per lo meno da lodare la volontà di Cruise di mettersi ancora in gioco a 60 anni suonati in pellicole che richiedono una preparazione fisica non indifferente), quindi meglio far dire al film come questo personaggio, benché vecchio, non sia ancora obsoleto, abbia ancora qualcosa da fare, dire e persino insegnare agli sbarbatelli. I risvolti sono però talvolta risibili, come quando si auspica l'uso di piloti umani al posto dei droni, infischiandosene delle vita dei veri soldati chiamati a morire in veri scenari di guerra, o quando, ancora, si sottolinea come a fare la differenza in battaglia non sono le armi, ma gli uomini che le impugnano, a ribadire come la tecnologia bellica americana può anche essere venduta a probabili futuri nemici, ma l'esercito americano sarà sempre il numero uno al mondo.
Tanto che, alla fin fine, al di là della nostalgia, ciò che filtra è la rinnovata volontà di Cruise e soci di fare un santino all'aviazione yankee; non per nulla, il nemico è nuovamente e ancora maggiormente anonimo, con i piloti avversari resi ancora più disumani dall'attrezzatura moderna e il luogo della missione lasciato volontariamente vago, anche per evitare problemi con la distribuzione estera.
In generale, "Maverick" risulta meglio di quel piccolo capolavoro del trash del 1986 del quale munge i valori, ma viene affossato nuovamente da una retorica e risibile e (peggio) dalla noia: 130 minuti sono davvero troppi per una storiella para-bellica priva di veri colpi di scena e mordente. Chi si accontenta, tuttavia, non rimpiangerà il tempo dedicatole.
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