con: Eddie Murphy, Taylour Paige, Joseph Gordon-Levitt, Judge Reinhold, John Ashton, Kevin Bacon, Bronson Pinchot, Paul Reiser, Luis Guzman.
Commedia/Poliziesco
Usa 2024
Il quarto film delle avventure del detective Axel Foley pare fosse in produzione dalla fine degli anni '90 e la sudditanza nel limbo del development hell non deve stupire, in primis a causa del cocente flop di Beverly Hills Cop III, che nel 1994 deluse sia i fan di Eddie Murphy che quelli di John Landis; non che il primo sequel, diretto da Tony Scott, fosse una degna continuazione di quello che tutt'oggi è uno dei migliori esempi di connubio tra commedia e poliziesco, ma quel terzo film aveva finito per arrancare praticamente in tutto. Il successivo flop di Pluto Nash e la perdita di credibilità di Murphy come superstar avevano posto un freno ulteriore al progetto, il quale sembrava dovesse ripartire una quindicina di anni fa, ma anche allora ci fu un grosso problema, ossia uno script a dir poco orrendo, dove Axel Foley veniva trasformato in un detective taciturno e brutale e gli si affiancava un partner come linea comica, in un'operazione che non avrebbe capito un accidente dello spirito della serie.
Per Murphy, d'altro canto, la riesumazione del suo primo ruolo da protagonista assoluto al cinema era un passo d'obbligo. Oscillando costantemente tra ritorni in auge e cadute di tono, la sua carriera è arrivata al punto nel quale necessita di un progetto per stabilizzarsi definitivamente, pena una pensione non voluta per l'ex ragazzo prodigio del Saturday Night Live.
Axel F arriva ad esistenza solo grazie ai capitali di Netflix, direttamente in streaming e come un legacy sequel che tenta di rivendere al pubblico odierno i fasti del 1984. Paradossalmente, di legacy sequel finisce per avere ben poco, per fortuna.
Gli anni passano anche per il detective cazzaro migliore di Detroit e Beverly Hills e Axel Foley ora ne ha oltre 60, ma di andare in pensione non ci pensa neanche. Dopo l'ennesimo rocambolesco arresto per le strade di Motor City, viene contattato dall'amico e collega Billy Rosewood (Judge Reinholds) per un nuovo caso; la novità è che questa volta è coinvolta anche la figlia di Axel, Jane (Taylour Paige), avvocato alle prese con l'uccisione di un poliziotto sotto copertura. Per il buon Axel è quindi è arrivato il momento di tornare a L.A.
Un legacy sequel dove gli elementi essenziali del filone finiscono quasi per mancare: Foley non è un vecchio alienato in un mondo che non riconosce e al quale deve dimostrare di non essere obsoleto, non c'è la riunione nostalgica dei vecchi personaggi a inizio o a metà film, i personaggi non chiosano su come "le cose non si facciano più così" se non in minima parte, non c'è la riproposizione di elementi cult del primo film riportati meccanicamente per creare un artificioso effetto nostalgia; e quando i riferimenti al passato ci sono, sono innocui, come i titoli sulle note di The Heat is On, la gag alla reception dell'hotel di lusso o quell'epilogo che serve solo a far tornare insieme il trio di protagonisti in un'unica inquadratura, giustamente lasciata in coda perché mai davvero essenziale.
Quando i volti noti ritornano, il tutto viene fatto in modo essenziale, dando loro il giusto posto nella storia: il personaggio di Paul Reiser è ora divenuto capitano, Billy Rosewood viene introdotto come motore degli eventi e poi tenuto da parte fino all'ultimo atto, Taggart ritorna dopo la sua assenza nel terzo film e nonostante l'età anagrafica non lo consenta risulta lo stesso credibile come capitano del distretto di Beverly Hills; persino Bronson Pinchot, la cui inclusione era la più rischiosa, finisce per avere un ruolo gustoso, che aggiunge perfino quella tendenza eterosessuale al personaggio la quale risulta inedita e divertente. Quando poi arrivano le new entry, sono dei volti che non si vedono mai abbastanza, come Kevin Bacon e soprattutto quel Joseph Gordon-Levitt che sembrava letteralmente sparito negli ultimi anni ma che dimostra di avere anch'egli ancora grinta.
Per il resto, Axel F è in tutto e per tutto una quarta avventura per il poliziotto dai modi spicci e la lingua veloce, tanto che sarebbe potuto tranquillamente essere stato prodotto a suo tempo con ben pochi aggiustamenti. L'unico dei quali riguarda il personaggio di Jane, il quale già qui risulta un po' forzato a causa della sua età anagrafica, che in teoria avrebbe dovuto portare a farla apparire già nel terzo film, dove però non c'era traccia né di lei, né della madre. Per il resto è anzi un'aggiunta interessante.
Il rapporto padre-figlia a tratti sostituisce quello del classico buddy cop movie, con Axel che si confronta con il lascito della sua carriera; una figlia ora donna in carriera ultratrentenne la quale ha rinnegato il padre, reo di averla abbandonata. Abbandono in realtà dovuto, come da copione, per proteggerla, il che getta la luce della maturazione sul personaggio, al quale, oltre alla rettitudine che lo ha sempre contraddistinto, ora si aggiunge l'abbraccio della responsabilità genitoriale.
Per il resto, per fortuna, Axel Foley è sempre lo stesso e Eddie Murphy riesce ancora ad incarnarlo con tutta l'energia necessaria.
Lo script approvato da Murphy non offre chissà quali particolari spunti di interesse. La formula è sempre la stessa, cioè quella di un poliziesco vero e proprio con all'interno un personaggio da commedia farsesca. La storia ha anche qualche buco, come il fatto che Foley decida di non usare le registrazioni dell'effrazione al deposito della polizia per convincere Taggart della bontà della sua intuizione; e tutto è la solita parata di sbirri corrotti dove i super buoni si contrappongono ai super cattivi senza che si voglia fare un mistero dei motivi del tutto. Questo perché alla fine quello che conta è la serie di gag e il contorno action.
Murphy ha ancora grinta e il suo solito repertorio di voci buffe e battute sagaci bene o male regge; Foley è ancora simpatico e sebbene nessuno sketch sia davvero memorabile alla fine funzionano tutti. La vera sorpresa è la direzione: affidata ad un regista che fino ad ora ha diretto praticamente solo spot della Apple, la regia riesce a valorizzare i valori produttivi delle sequenze d'azione e persino l'inseguimento in elicottero, che avrebbe potuto essere il tallone d'Achille della messa in scena, funziona per spettacolarità, anche se vien da chiedersi cosa avrebbero tirato fuori Stahelski e Leitch con in mano una sequenza del genere.
Axel F riesce così in una duplice impresa che sembrava persa in partenza, ossia riportare in auge il personaggio e dare un sequel dignitoso all'originale; alla fin fine, è proprio questa quarta avventura, per tardiva che sia, a rappresentare il miglior sequel al cult del 1984.
Nessun commento:
Posta un commento