giovedì 18 luglio 2024

The Bikeriders

di Jeff Nichols.

con: Austin Butler, Jodie Comer, Tom Hardy, Michael Shannon, Mike Faist, Boyd Holbrook, Norman Reedus, Damon Herriman, Beau Knapp, Emory Cohen, Toby Wallace.

Drammatico

Usa 2023












La libertà come una motocicletta, la motocicletta come sinonimo di libertà, un sillogismo che esiste dai tempi di Easy Rider. Ma prima il significato delle due ruote era diverso, nel cinema americano. Prima, almeno da Il Selvaggio in poi, era sinonimo di ribellione, simbolo di una generazione di veri e propri anarchici e anti-sociali che si univano in bande per vivere ai confini della società. Prima degli Hell's Angels, prima della trasformazione in vere e proprie gang; eppure, anche all'epoca i biker erano poco meno che criminali, perdigiorno talvolta violenti il cui fascino era dato praticamente dal fatto che vivessero fuori dagli schemi che la società perbenista imponeva e dalle loro cavalcature.
Jeff Nichols, da sempre cantone in di un'America umana e fin troppo umana, porta in scena quei biker, quella generazione prima dei famosi Sons of Anarchy che però non erano poi tanto differenti da loro. The Bikeriders è così un dramma sul mito delle due ruote che prende spunto da un libro fotografico del 1967, si struttura come una sorta di adattamento di quei volti, quei corpi e quei veicoli; ma che, alla fine della fiera, ha lo stesso difetto di quel film fondativo con Marlon Brando, ossia il dubbio su che effettivo valore morale e umano dare a questa schiatta di ribelli.




Alla base della formazione dei Vandals, alla base della passione per il capobranco Johnny per le due ruote, alla base di tutto c'è il cinema, c'è proprio Il Selvaggio, la cui visione ispira il personaggio di Tom Hardy a dar vita al gruppo. E Hardy, a sua volta, si ritrova nella scomoda posizione di dar vita ad un personaggio che plasma i suoi manierismi su Brando senza far scadere il tutto nella parodia, riuscendoci a malapena.
Ma il punto di vista della storia è duplice, ossia quello di Kathy, interpretata da una camaleontica Jodie Comer, oltre che del giornalista autore del libro Danny, interpretato da Mike Faist. Una cornice narrativa francamente inutile, che aggiunge poco o niente alle immagini e, anzi, talvolta le fa risultare fin troppo ovvie.




Cos'è alla fine The Bikeriders? Poco più di un racconto su come i tempi cambiano, su come l'innocenza dell'età dell'oro venga infangata dalla nuova generazione. Il problema è che la prima generazione dei Vandals non è a sua volta composta da stinchi di santo, visto che le risse sono all'ordine del giorno. Nichols però gioca al rialzo e afferma come la seconda generazione, quella dei reduci del Vietnam, sia peggiore visto che è composta da tossicodipendenti e stupratori, poco importa se si tratta da ex soldati affetti da PTSD. E poco importa che anche quella prima generazione da lui descritta come tale sia in realtà la seconda, storicamente, visto che la vera prima generazione di biker americani era composta da reduci della Seconda Guerra Mondiale. Il manicheismo che ne consegue è assolutorio e infondato, quasi becero nel voler costruire la nostalgia per un passato aureo che di fatto non è mai esistito. 




Il ritratto di questo pugno di personaggi ambigui finisce inevitabilmente per sgretolarsi nel momento in cui lo script non riesce a dare il giusto spazio a tutti, in quello che vorrebbe essere un racconto d'ensamble. A farne le spese sono soprattutto quello interpretato da Michael Shannon, che sta in scena, fiasco di vino alla mano, solo per sproloquiare contro tutto e tutti, oltre che quello di Norman Reedus, il cui valore nel racconto è nullo, serve solo ad avere nel cast un vero biker truccato come un reietto dal set di Mad Max.
La dinamica principale, quella che alla fine resta, è la duplice tra il bello e dannato Benny e la protagonista Kathy, oltre che il loro rapporto con Johnny. Facile è trovare una forma di omosessualità repressa tra Johnny e Benny, quando in realtà il rapporto alla base è quello di due commilitoni, un'amicizia virile vecchia scuola; l'omosessualità, semmai, è alla base, sempre sottaciuta, di altri rapporti nella banda.
Il rapporto tra Kathy e Benny è invece quanto di più stereotipato possibile, con il primo che è praticamente il cliché ambulante del maschio ruspante affascinante proprio perché ai limiti della sociopatologia e la bellissima ragazza di provincia che gli si avvicina perché sessualmente attraente e basta. Si potrebbe parlare di archetipo, ma qui esso è talmente spoglio e crudo da non funzionare. Così come non funziona lo sguardo che Nichols gli posa addosso, perennemente indeciso tra il biasimo e l'assoluzione.




La superficialità della narrazione porta ad un ritratto ambiguo nel senso peggiore del termine; Nichols non sa se restare affascinato da Benny e il suo stereotipo o se condannarlo in quanto "maschio tossico", così come non sa se guardare con effettivo rammarico a quella generazione di biker amiconi dal pugno lesto o biasimarne lo stile di vito auto e etero distruttivo. Il finale enfatizza tale discrasia di intenti, così come la generale mancanza di approfondimento narrativo e psicologico. Tanto che alla fine, l'unico personaggio che ha un effettivo arco narrativo e il cui dramma è davvero avvertibile è quello del "villain" ragazzino interpretato da Toby Wallace: piccolo delinquente figlio della violenza domestica, finisce per essere divorato e riplasmato dal male per divenire egli stesso strumento di violenza.




The Bikeriders finisce così per essere un racconto monco e menzogniero, una rievocazione nostalgica che a tratti ha persino paura della sua stessa falsa nostalgia, che inciampa nei difetti più ovvi del dramma. Per Nichols davvero un passo falso.

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