mercoledì 21 ottobre 2020

Arancia Meccanica

A Clockwork Orange

di Stanley Kubrick.

con: Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Aubrey Morris, Warren Clarke, Adrianne Corri, Philip Stone, Sheila Raynor, Godfrey Quigley, Miriam Karlin, Steven Berkoff, David Prowse.

Inghilterra, Usa 1971














A rivederla oggi, in occasione della sua nuova uscita al cinema, ci si accorge di come la violenza in "Arancia Meccanica" non sia in fondo più di tanto eclatante, né esplicita. Di tempo ne è passato da quel 1971, quando la sequenza dello stupro (che pur avviene fuori scena) fece saltare il cappello ai ben pensanti. Ma oggi si vedono stupri ben più espliciti ed efferati persino nelle serie televisive, quindi quello perpetrato dal drugo Alex ai danni della moglie dello scrittore impallidisce dinanzi all'efferatezza e al compiacimento di scene simili in "Game of Thrones" o "The Boys". Il che diviene persino buffo quando ci si accorge che, a conti fatti, per il resto il capolavoro di Kubrick non ha perso un grammo della sua carica iconoclasta e artistica e, anzi, forse risulta ancora più dirompente e stilisticamente imponente in un momento storico in cui il cinema mainstream si è praticamente dissociato da ogni velleità artistica.



"Arancia Meccanica" arriva in un periodo particolare della vita artistica e privata di Kubrick. All'indomani del successo di "2001: Odissea nello Spazio", il grande artista decide di allontanarsi dall'amata New York per trovare rifugio nella campagna inglese (dove trascorrerà il resto della sua vita) a causa del vertiginoso aumento della microcriminalità negli Stati Uniti. Sono gli anni di Fear City, della violenza spicciola nel centro di Time Square, divenuta un ghetto sudicio infestato da tossici, rapinatori e magnaccia.
Kubrick comincia in questo periodo a dedicarsi al suo capolavoro incompiuto sulla vita di Napoleone, ma il flop di "Waterloo" (1970) gli impedisce di trovare i finanziamenti necessari. Riscopre così un romanzo che Terry Southern (sceneggiatore di "Easy Rider") aveva portato alla sua attenzione durante la produzione di "Dr. Stranamore" (sempre da lui sceneggiato): "Arancia Meccanica" di Anthony Burgess.
Pubblicato nel 1962, "Arancia Meccanica" trae spunto da un efferato fatto di cronaca, ossia lo stupro della moglie dello stesso scrittore perpetrato da un gruppo di soldati ubriachi. Tale scellerato episodio diviene la pietra d'angolo sulla quale Burgess fonda una riflessione sugli istinti distruttivi dell'essere umano, di come questi siano in esso innati, finanche una parte essenziale della sua natura. Da qui la stesura del romanzo, narrato dal punto di vista esclusivo del suo protagonista, il quale si focalizza dapprima sulla degenerazione umana per poi divenire un perfetto apologo politico sulla manipolazione dell'essere umano e sull'importanza del libero arbitrio.
Intrigato dalle tematiche scottanti e dai risvolti più cupi della storia, Kubrick ne crea un perfetto adattamento che trova nella messa in scena un elemento essenziale alla sua riuscita.



"Arancia Meccanica" è, alla sua base, una dissertazione (ai limiti del pamphlet) sulla violenza. La violenza è sita nell'essenza dell'essere umano, è parte della sua anima prima e della sua persona dopo.
Alex (ossia "A-Lex", senza legge, inteso come "privo di freni inibitori") altro non è che la summa degli umani istinti: non conosce limiti morali o religiosi, soddisfa, come una belva, ogni singola pulsione naturale e distruttiva.
La violenza, per lui, è per l'appunto esternazione di un impulso, un atto di affermazione individuale sul piano non tanto sociale, quanto animale; un essere che trova una catarsi nel perpetrare il male, la quale ha connotazioni erotiche. La sua libido è distruttiva e Kubrick, per sottolinearla, alterna e giustappone simbolismi sessuali a immagini di violenza, come nella scena dell'uccisione della "Signora dei Gatti", dove l'arma del delitto è un gigantesco fallo e la morte viene ritratta, tramite una serie di gustosi inserti subliminali, come un orgasmo mortale.


Il sottotesto sessuale è presente in tutto il primo atto. L'esternazione dell'impulso violento è catarsi, orgasmo che provoca piacere fisico che si sostanzia nella distruzione fisica altrui. Il sesso, d'altro canto, quando non si esterna in stupro, è attività giocosa (la scena dell'orgetta), sottolineata da una musica trionfale (nel romanzo, invece, anche la scena del ménage a trois culmina in uno stupro).
La mancanza di un super-io trasforma l'uomo in un'inarrestabile macchina in preda alle compulsioni più basse. Non per nulla, per tutto il primo atto, ossia quello nel quale la violenza "attiva" viene ritratta, tutte le figure anche solo vagamente autoritarie vengono dissacrate. I genitori sono degli anziani ingenui e imbelli che Alex si diverte ad insultare anche per il solo tramite della menzogna. L'avvocato Deltoid (-e, ossia il muscolo preposto alla sollevazione del braccio, in teoria capace di frenare l'azione violenta), figura quasi comica nel suo essere consapevole del male di Alex, non riesce a dissuaderlo in alcun modo dal darsi alla violenza. La religione, d'altro canto, nel mondo di Alex è ridotta ad un orpello, un'opera di pseudo arte massificata e spogliata di ogni valenza iconica e salvifica (nel secondo atto, Alex leggerà la Bibbia per puro passatempo), come simboleggiato del ritratto, psichedelico e disturbante, della statua del Cristo che balla, perfetto simbolo di una religione che, svuotata dalla fede, diventa un soprammobile di dubbio gusto.


Ma è l'intero mondo di Alex ad essere marcio e impazzito. Un ideale futuro (in teoria il 1995) nel quale la moda è divenuta un ibrido post-moderno impazzito che ha tolto ogni forma di riconoscimento storico-culturale della società. Un mondo privo di valori, dove i singoli sono o vittime o carnefici della violenza spicciola o di quella, legalizzata, del Potere. Persino la lingua, come in "!984", è divenuta uno slang irriconoscibile, misto tra dialetto cockney e russo, che trasfigura la società in un meltin'pot impazzito.



All'interno della banda dei drughi, i rapporti tra i membri sono simili a quelli di un branco di lupi, dove il maschio alfa domina e viene sfidato per l'autorità. Quando la parola del capo viene questionata, la reazione è una punizione veloce e brutale. La scena della resa dei conti, perfetta nella sua esecuzione al ralenty, è una forma di auto-citazione con la quale Kubrick rifà la scena dell'osso di "2001", cucendola addosso a degli ominidi "civilizzati". Le due sequenze sono identiche per composizione del quadro e montaggio, creando un ideale ponte "anti-evolutivo" tra le due opere.




Ed è proprio la violenza dei compagni ad "incastrare" Alex, dando vita al secondo atto, nel quale la personalità del ragazzo cambia, camuffandosi da reo confesso.
La parte "lacrimogena" della storia comincia con un protagonista finto-riformato, che, per farsi concedere la buona condotta, segue come un cagnolino il cappellano, la "Cornacchia". Ed è qui che entra in gioco il secondo aspetto essenziale dell'opera: laddove la violenza del singolo è come una forza implacabile che travolge qualsiasi cosa gli si pari innanzi, non meno distruttiva è quella dello Stato, del potere che schiaccia i singoli per la propria affermazione.
La violenza come repressione altrui prende le forme, in apparenza buffe perché caricaturali sino all'iperbole, del capo secondino, un ometto i cui lineamenti scarni e la voce impetuosa ricordano Adolf Hitler, il quale si diverte a schiacciare ogni impulso di personalità del protagonista.




In questo atto atto Alex si maschera, come si diceva, da pentito. Finge di reprimere i suoi impulsi solo per ottenere uno sconto di pena e decide di affidarsi alla "Cura Ludovico" solo per ottenere una facile scarcerazione.
E' qui che la Cornacchia cita, per ben due volte, quella che è in fondo la "morale" della storia: privato della facoltà di scegliere tra bene e male, un uomo non è più tale. Il libero arbitrio comprende la facoltà di nuocere al prossimo, ma una volta che questa facoltà viene esclusa, il soggetto non potrà più difendersi, né essere davvero considerato come "buono" proprio perché non sceglie volontariamente e liberamente tale atteggiamento. Per quanto incredibile e osceno, il male è e deve essere parte inscindibile della persona umana.
Se la Cornacchia è la coscienza del film, il Secondino è la faccia più ottusa e diretta del potere, il Ministro è, d'altro canto, la figura più inquietante di tutta l'opera: un uomo convinto di fare del bene, che non ha ripensamenti sui suoi metodi e che usa Alex (ossia il singolo) solo come strumento di affermazione individuale, presentandosi come un gentiluomo sorridente. Il potere usa il male spicciolo come feticcio solo per poter assimilare e sottomettere le masse tramite la propaganda. Un male "legalizzato" e persuasivo, che si traveste da giustizia sociale solo per perseguire i propri scopi.


Nel terzo atto i ruoli si invertono, il predatore diviene preda. Alex viene "riformato", trasformato in un succube delle altrui azioni e per tutto il resto del film verrà manipolato, in un modo o nell'altro, dal prossimo.
Ritornato a casa, da quei genitori che si divertiva a schernire, scopre di essere stato disconosciuto e scacciato di casa. Per strada incontra il barbone che ha picchiato a inizio film, il quale si prende la sua vendetta. Soprattutto, incappa per caso nei sui ex drughi, Georgie e Dim, ora divenuti poliziotti. La loro indole violenta è stata ghermita e sedata solo per essere poi messa al servizio del potere, il cui male, gratuito quanto quello dei teppisti, è invece socialmente accettabile.



Laddove il potere costituito è repressivo e manipolatore, non meno lindo è il potere delle opposizioni anti-governative, ossia quel potere non costituito che in teoria dovrebbe distinguersi da quello dominante è in realtà reo di usare e manipolare le vittime del sistema per i propri interessi, al pari della controparte che dovrebbe riformare.
E' il personaggio dello scrittore, la peggiore vittima della violenza di Alex, che finisce per oggettificarlo, a trasformarlo in un martire con il solo scopo di affermare il proprio potere contro il Ministro.



Nell'epilogo, Alex "guarisce", viene ritrasformato in una belva per soli fini propagandistici, riassimilato nel sistema come un perfetto cittadino, mentre il mix di sesso e morte torna ad essere parte della sua essenza.




Lo stile con il quale Kubrick mette in scena le pagine di Burgess è a dir poco unico. Non un semplice post-modernismo, inteso come mix di classicismo e sperimentazione, quanto un vero e proprio ripensamento del post-modernismo stesso, che da stile diviene registro espressivo per il caos umano e sociale ritratto dalla storia.



Oltre alla trasfigurazione sociale data dalla cancellazione delle coordinate storico-geografiche, è l'uso dei colori folli a conferire al film un look esagerato, trabordante, che fa il perfetto paio non solo con il registro grottesco, ma anche con la tematica della follia strisciante nella società. Tutto è oltre le righe, urlato a squarciagola, ogni aspetto partendo dai costumi e arrivando alla scenografia, ricreata tramite l'uso quasi esclusivo delle location, tra le più visionarie e deliranti mai viste su schermo.
Se da un lato l'appartamento di Alex e la villa dello scrittore sono perfetti esempi di un modernismo che si fa applicazione di un'idea di futuro folle e incontrollabile, una versione edulcorata della libido violenta del protagonista che finisce per colorare lo schermo, le architetture fredde e razionali della clinica della Cura Ludovico sono la perfetta estrinsecazione della forza opprimente di uno stato ai limiti del totalitario, che impone la propria presenza per de-umanizzare il singolo.


Riprendendo sul piano narrativo il totale punto di vista del protagonista sugli eventi, ogni immagine viene deformata grazie all'uso sapiente e geniale dei grandangoli. Il mondo di "Arancia Meccanica" diviene così un'immagine folle e distorta, filtrato com'è dagli occhi e dalla mente di un deviato. Pur facendo sfondare la quarta parete al protagonista-narratore in almeno due occasioni, Kubrick sceglie di non scadere mai nel voyeurismo spicciolo, sapendo perfettamente dove fermare l'occhio dello spettatore per non scadere nel cattivo gusto gratuito.
Si diverte ad esagerare con l'iqnuadratura che è il suo marchio di fabbrica, ossia la carrellata all'indietro che discopre l'immagine come un quadro in movimento. Le inquadrature divengono così non semplicemente pittoriche, ma dei veri e proprio quadri dai colori reali e dalla plasticità esagerata, quasi caravaggesca nell'uso della forma dei corpi. E, prima ancora che in "Barry Lyndon", è qui che Kubrick comincia a sperimentare con l'uso di luce naturale, rendendo molte delle immagini più vere del reale.



Ma il colpo di genio definitivo arriva dall'uso della musica. Se lo score di Wendy Carlos (che poi creerà anche l'iconica soundtrack di "Shining", le cui note iniziali del tema principale sono già qui presenti) è perfetto nel sottolineare in modo sottile l'abominevolezza della storia e dei suoi protagonisti, è nell'uso delle partiture classiche che Kubrick si supera, adattandole in una magistrale chiave elettrica.
Al pari del mondo ritratto, anche la musica è folle, filtrata attraverso degli strumenti che ne purgano l'organicità intrinseca per trasformala in un suono contemporaneamente familiare e alieno, che conquista ed estranea al tempo stesso.



L'uso delle musiche affiancato alle scenografie e allo stile di ripresa crea un look unico, immediatamente riconoscibile e mai eguagliato per forza espressiva. Il registro usato è volutamente grottesco, trasfigura la violenza in una caricatura la quale, lungi dal divenire simpatica, si fa ancora più disturbante. Allo stesso modo, tematiche e personaggi, gonfiati fino all'iperbole, raggiungono un'espressività incredibile, che rende il messaggio alla base ancora più forte.




Per la sua incredibile carica dissacrante ed espressiva, sarebbe persino riduttivo definire il capolavoro di Kubrick come "grande cinema". Esso va oltre, fino a trascendere nell'arte pura. Il mix di moralità mai compiaciuta e stile incredibilmente folle e ricercato riesce a creare qualcosa di unico, che ancora oggi influisce in modo indelebile su molta produzione filmica. E che, come si diceva, in quasi 50 anni non ha perso un grammo della sua carica dirompente.


EXTRA

Distribuito in Inghilterra a partire dal Gennaio 1972, "Arancia Meccanica" fu poi ritirato dalle sale qualche mese dopo su insistenza dello stesso Kubrick, il quale aveva ricevuto vere e proprie minacce di morte a causa del film. Questo restò inedito in tutto il Regno Unito fino al 1999, ossia dopo la morte dell'autore.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il film non fu oggetto di censura in Italia, dove ci si limitò a bollarlo con il divieto ai minori di 18 anni.
Il visto censura fu poi revocato nel 1998 e sostituito con il divieto ai minori di 14 anni. Ad ogni modo, "Arancia Meccanica" non fu trasmesso dalla televisione in chiaro fino al 2007, quando esordì sulle frequenze di La7 alle 22:30, preceduto da un bello speciale introduttivo condotto da Alex Infascelli.

Piccolo cameo per il regista nei panni di uno degli avventori del negozio di dischi nel quale Alex rimorchia le due ragazze per l'orgia.



Per la prima volta nella sua carriera, Kubrick ha curato direttamente tutta la campagna promozionale del film, scegliendo stili diversi per le varie locandine e dirigendo in prima persona lo spettacolare trailer.



Prima che Kubrick si interessasse al romanzo di Burgess, i diritti di questo furono venduti dall'autore a Mick Jagger, il quale aveva intenzione di creare un adattamento nel quale lui e i Rolling Stones avrebbero interpretato i drughi. Si vocifera che Ken Russell e Tinto Brass si sarebbero interessati al progetto.


2 commenti:

  1. Farai mai una recensione su "Blood feast" e "Blood feast 2"

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    1. Forse per qualche retrospettiva per Halloween potrei coprire Herschel Gordon Lewis, più in là.

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