di James Signorelli.
con: Cassandra Peterson, Daniel Greene, W. Morgan Sheppard, Edi McClurg, Ira Helden, Kurt Fuller, Bill Morey, Pat Crawford Brown, Jeff Conaway, Frank Collison, Susan Kellermann, Jack Fletcher, Lynn Stewart.
Commedia
Usa 1988
Ci sono attori che restano intrappolati nei loro ruoli, finendo per essere identificati a vita con la maschera che li ha resi famosi, come tragicamente accaduto a Bela Lugosi con il suo Dracula. Poi ci sono attori che passano la loro carriera dimostrando di essere di più di quel singolo ruolo che li ha resi famosi, magari provando addirittura a seppellire quella maschera che li ha portati al successo, come accaduto a Robert Pattinson e Kristen Stewart per i personaggi di Twilight. E poi ci sono attori che, all'opposto, abbracciano pienamente quel ruolo che li ha resi celebri, passando il resto della loro carriera a riproporlo anche semplicemente nello stesso modo perché con esso hanno instaurato un felice rapporto simbiotico.
E' quello che accaduto a Cassandra Peterson con il personaggio di Elvira, con il quale ha finito praticamente per confondersi per il pubblico. Una maschera che l'ha resa definitivamente celebre come donna di spettacolo e oltre, trasformandola in una vera e propria icona degli anni '80, garantendole una fama ancora oggi imperitura.
Un successo in realtà non scontato per lei, classe 1951 e originaria del Kansas, la quale inizia la carriera di pole dancer e spogliarellista già giovanissima in quel di Las Vegas per poi emigrare in Italia, dove si unisce dapprima ad un piccolo complesso musicale per poi ottenere una piccolissima parte in Roma di Fellini, il quale sarà sicuramente stato folgorato dalla sua immane avvenenza.
Tra una particina e qualche photoshoot per Playboy arriva il 1981, anno in cui, sull'onda del successo di programmi simili, nasce Movie Macabre, contenitore televisivo che trasmette vecchi b-movie horror e sci-fi, dove la conduttrice di turno è la provocante "signora delle tenebre" Elvira, strega appassionata di cinema modellata sulla Vampira di Maila Nurmi (ad oggi famosa per la partecipazione a Plan 9 from Outer Space di Ed Wood), la quale fu anche inizialmente contattata per interpretarla. Ma dato il rifiuto dell'attrice originaria si opta per una più giovane e la Peterson ha l'occasione per sfoggiare non solo il suo bellissimo corpo, ma anche il suo talento di attrice brillante.
Elvira non è una semplice showgirl, quanto una conduttrice tout-court che non si limita ad introdurre il film in programmazione, ma talvolta lo interrompe per commentare in modo ironico le scene, in un'anticipazione di quello che diventerà il celebre Mystery Science Theater 2000 nel decennio successivo e la moda dei riff sui film brutti che tanta fortuna ha dato a molteplici youtuber.
Il successo è immediato, tanto che l'immagine della prosperosa strega inizia ad apparire un po' dappertutto, divenendo in brevissimo tempo uno dei "marchi" pop del decennio. Un marchio che può essere appiccicato su tutto e il corpo di Elvira finisce così preda del marketing. La Peterson ha l'intuizione di mettere un copyright sul nome e l'immagine, similmente a quanto fatto da Tura Satana per Faster, Pussycat! Kill! Kill! e trova così l'affermazione definitiva; l'essere associata ad una donna sexy, ma anche acuta e a suo modo fatale la porta a divenire una beniamina del pubblico in modo trasversale: i maschi la adorano perché esterrefatti dalla sua perfezione fisica e per quelle curve sempre in mostra, le femmine ne apprezzano l'indole indomita e l'ironia; ed Elvira finisce persino per divenire un'icona per la comunità LGBTQ+ dato il suo status di "diversa", una donna formosa che sfoggia senza remore la sua avvenenza, quindi una anticonformista anche non solo per il suo essere una "creatura delle tenebre"; e anche grazie alla storia personale della Peterson, a sua detta tirata su da giovanissima da un gruppo di omossessuali di Las Vegas.
Successo che porta ovviamente anche all'esordio al cinema, cosa anch'essa non scontata all'epoca; la transizione verso il grande schermo per un icona pop televisvia era stata tentata pochissime volte, ma giusto qualche anno prima aveva trovato un unico vero successo nel Pee Wee's Big Adventure di Tim Burton (dove la Peterson aveva anche un simpatico cameo e leggenda vuole che abbia chiesto proprio a Tim Burton di dirigere il suo film). A cercare di tradurre su pellicola le forme della Signora delle Tenebre non è però una major, bensì la New World Pictures di Roger Corman, che di concento con la NBC tira su una piccola produzione per capitalizzare sulla figura della Peterson.
Elvira- Mistress of the Dark arriva nelle sale americane nel 1988, all'apice della fama del personaggio, ma nonostante questo non è il successo spaccabotteghino sperato; cosa dovuta all'entrata in bancarotta della New World Pictures e all'impossibilità di distribuirlo in un numero sufficiente di sale per ottenere un effettivo profitto. Lo status di cult gli piove lo stesso addosso dopo pochissimo tempo grazie all'uscita in VHS e ai passaggi televisivi e ad oggi è una pellicola molto apprezzata nonostante la sua mancanza di originalità. E la quale ha finito per guadagnare un valore inedito, quello dato dal modo in cui la Peterson affronta l'esordio al cinema della sua maschera, ovverosia, strano a dirsi, l'estrema modestia.
Certo, si sta pur sempre parlando di un film che si chiude con un doppio numero musicale volto a mostrare la versatilità della sua protagonista, oltre ad essere totalmente basato (cosa ovvia) sulla sua incontenibile avvenenza. Eppure l'Elvira che arriva al cinema ha un che di diverso rispetto a quella televisiva, che la rende altrettanto memorabile anche semplicemente nella sua veste di donna tosta, emancipata e sessualmente insaziabile.
La Elvira di Mistress of the Dark non è una né femme fatale, né una superdiva; tutta la storia del film è basata sul suo essere una spiantata in cerca di successo, priva di un dollaro e con un caratterino indomabile. La ritroviamo nell'incipit nel suo ambiente naturale, ossia il set di Movie Macabre, il quale non è altro che uno scantinato da avanspettacolo di proprietà di un vecchio texano allupato e sovrappeso; la star è ormai al limite della sopportazione, oltre che sottopagata e cerca di fare qualsiasi cosa pur di fuggire e realizzare il suo sogno di esordire in uno spettacolo a Las Vegas.
Qui, in pratica, Elvira non è una diva, non è una star, non è venerata da chiunque la incroci, non ci sono bagni di folla per lei, né il riconoscimento dello status di beniamina da parte della gente comune (qualsiasi riferimento al film di Angry Video Game Nerd è puramente voluto) e anche se (molto) relativamente famosa, resta una reietta in cerca di affermazione. Ed è qui che tutte le starlette, gli influencer, tiktoker, instagramer e youtuber che hanno cercato di portare i loro personaggi al cinema dovrebbero imparare la lezione: qui Elvira è un personaggio altro rispetto a quello che appare in tv e che è nella realtà, un personaggio diverso perché messo al servizio della trama, non viceversa. Per questo, pur con tutti i suoi limiti, questo suo film funziona a dovere.
Anche come personaggio preso in sé stesso e avulso da ogni riferimento esterno, la Elvira del film è in parte diversa dalla ironica strega mangiauomini della tv. E' sempre una donna bella, affascinante, provocante, sessualmente rapace e impossibile da sottomettere, ma ha anche una vena di ingenuità da diva retro; un po' vampira famelica, un po' Marilyn, non scade mai nello stereotipo della bambola scema proprio perché riottosa ed emancipata; la sua leggerezza serve più che altro a creare le giuste situazioni comiche, a spingere sul pedale dell'umorismo, con la caratterizzazione messa anch'essa al servizio della trama del film.
Un film che è il perfetto esempio della commedia anni '80, tanto che potrebbe rappresentarne un paradigma forse anche più dei più celebri exploit da cui prende ispirazione. Perché alla fine, la trama di Mistress of the Dark altro non è se non una variante di Footloose: la diversa si ritrova bloccata in un paesello di provincia dove vige un perbenismo nazista e la sua natura finirà per stravolgerne in meglio l'ordine; il tutto condito con un tocco di sovrannaturale, dato dalla presenza di un libro degli incantesimi/mcguffin che il suo perfido zio vuole ottenere per divenire il legittimo signore delle tenebre.
Tutto il film è così basato sulla dicotomia, ovvia, tra un perbenismo che uccide ogni forma di passione e l'esuberanza della protagonista; una donna che, anche qui, è appariscente e sexy, ma non per questo di facili costumi (anche se l'adattamento italiano introduce malamente una serie di battute volte a farlo credere); una donna forte, in grado di prendere a calci chiunque voglia approfittarsi di lei, ma anche dalla lingua tagliente; una donna moderna, la cui figura oggi potrebbe essere tacciata come di stampo retrogrado, paradossalmente, proprio perché sensuale, ma la cui sensualità sfacciata è proprio l'emblema di una affermazione personale che non vuole conoscere inutili e stupide limitazioni (in questo simile alla Barbarella di Jean-Claude Forest).
Elvira viene così vista come una "donnaccia" solo perché non copre le sue curve, le quali porteranno al risveglio della comunità maschile, assopita da decenni di castrazione. La dinamica di contestazione dell'ordine opprimente, in quegli anni solitamente affidata ad un protagonista maschile nel cinema americano, viene ribaltata persino nell'interesse amoroso, qui il personaggio di Bob, simpatico "fustacchione" la cui mancanza di esperienza con le donne ha ridotto ad un bietolone di provincia, ma il cui carattere di gentiluomo riesce a fare breccia nel cuore della bella strega anche più del suo fisico aitante.
La distruzione del perbenismo, qui imposto da un personaggio chiamato letteralmente Castità, si svolge nel modo più convenzionale possibile e con tutti i topoi del caso; non c'è la voglia di dire nulla di nuovo, ma solo di divertire usando una serie di situazioni collaudate, ma che vengono tirate su lo stesso con sketch gustosi; tra tutti, risalta ovviamente quello dove la protagonista usa un manicaretto stregato per arrapare l'intera comunità, portandoli ad una vera e propria orgia in pieno giorno, esternazione di quell'indole anarchica che sotto sotto batte nel cuore delle produzioni di Corman, anche di quelle più convenzionali.
Tutti i cliché della commedia (anche non solo) demenziale americana degli anni '80 non mancano di certo all'appello. C'è l'emancipazione di una ragazzina che passa dall'essere oppressa allo sbocciare come giovane donna, c'è la contestuale trasformazione della comunità che finisce per aprirsi al cambiamento (cosa strana, visto il climax dove viene letteralmente scatenato l'inferno in Terra) e l'accettazione del "diverso" come "normale", ci sono le gag basate sul gruppo di ragazzetti eccitati dalle forme della protagonista che vengono castigati, al pari dei buzzurri che provano ad allungare le mani; e ci sono anche l'immancabile finale iperdistruttivo e il montaggio a tempo di musica. Non mancano poi i volti noti dell'epoca in ruoli smaccatamente macchiettistici, come Edi McClurg nei panni dell'irreprensibile Castità o la faccia da secchione di Ira Heiden, già visto nei panni del patito di fantasy in Nightmare 3- I Guerrieri del Sogno.
Mistress of the Dark è così una commedia che ha solo la pretesa di divertire grazie al talento e all'avvenenza di Cassandra Peterson. E ci riesce in pieno, con gag simpatiche e personaggi altrettanto simpatici, situazioni divertenti e battute talvolta folgoranti; una commedia spassosa e a tratti genuinamente briosa che tutto sommato merita il suo status di cult movie e che ben celebra un'icona non solo degli anni '80.
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