mercoledì 14 giugno 2023

Rapito

di Marco Bellocchio.

con: Leonardo Maltese, Fabrizio Gifuni, Barbara Ronchi, Filippo Timi, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Corrado Invernizzi, Paolo Calabresi.

Storico

Italia, Francia, Germania 2023















A inizio carriera, Marco Bellocchio era famoso come il supremo distruttore delle istituzioni italiane, avendo fatto a pezzi quella famigliare nel suo esordio "I Pugni in Tasca" (e anni dopo in "L'Ora di Religione- Il Sorriso di mia madre"), nonché quella militare, più avanti, con "Marcia Trionfale". Eppure quando decise di confrontarsi con quella ecclesiastica nel capolavoro "Nel Nome del Padre", il suo sguardo critico non era rivolto tanto all'istituzione in sé stessa, la quale, anzi, ne usciva tutto sommato a testa alta, quanto verso le estremizzazioni della dottrina e del costume religioso.
Le cose cambiano circa cinquant'anni dopo con "Rapito", dove il grande regista rievoca un episodio scomodo della storia della Chiesa ad oggi quasi dimenticato, quello del vero e proprio sequestro di Edgardo Mortara, bambino ebreo strappato alla famiglia a soli sei anni e costretto ad accettare la religione cattolica.




Bellocchio parte dal particolare per creare un affresco storico impietoso. Gli anni in cui la vicenda di Mortara si svolge sono essenziali, ossia l'inizio della seconda metà del XIX secolo, con il Risorgimento in piena avanzata. La vergognosa azione della Chiesa, iniziata dall'Inquisizione e perorata con fervore da Pio IX diventa così una forma di sfoggio di potenza da parte di un'istituzione al tramonto.
La fine dello Stato Pontificio è ormai prossima, la riunificazione della Penisola in corso. E il rapimento del bambino diviene monito verso quegli oppositori e critici che però si ritorce contro la stessa Chiesa. Mortara stesso diventa suo malgrado la pedina in un gioco di potere dove l'apparenza è tutto e la sostanza è nulla, contando più la manifestazione del potere che il potere stesso.




Il racconto intreccia abilmente i due piani narrativi, quello privato e quello pubblico, alternando la storia di Edgardo e della sua famiglia con quella di Pio IX.
La storia della famiglia Mortara è la cronaca di una battaglia contro un'istituzione bieca che persegue i propri interessi a scapito di tutti; nonché quella di una persecuzione religiosa vera e propria, immersa nell'antisemitismo atavico, che si fa ingiustizia sociale a causa della natura di stato confessionale dello Stato Pontificio, il quale diventa così istituzione totale e totalitaria in grado di epurare di ogni diritto dei singoli per perseguire i propri scopi; e Bellocchio pone l'accento sull'arretratezza anche solo concettuale di un sistema del genere, immerso in un '800 i cui echi di modernità provenienti dall'estero sono centellinati ma assordanti, che rendono la Chiesa un ultimo baluardo di un ancien régime del tuttp anacronistico.




Dal punto di vista di Pio IX, la storia di "Rapito" è quella di una battaglia personale prima ancora che istituzionale di un uomo contro una modernità che ne rifiuta gli ideali. Una battaglia in teoria tragica, nei fatti tragicomica, con il papa caratterizzato come uno sbruffone delirante afflitto da malcelati sensi di colpa che prendono la forma di inserti onirici e visioni tanto cupe quanto grottesche.
Quello di Edgardo è poi un racconto privato e introspettivo diviso in due atti quasi antitetici. In primis, è la storia di un bambino costretto ad entrare in un mondo alieno, rapito, per l'appunto, per il solo fine di essere usato come simbolo della forza del potere. Tramite il suo sguardo innocente, Bellocchio torna a criticare il culto della morte proprio della dottrina cattolica, ritraendo un Cristo moribondo privo di ogni divina beltà, liberato dalla bontà e innocenza del piccolo protagonista, il quale è chiamato a comprendere prima ancora che assimilare usi, costumi e dottrine che non conosce, né sembra condividere. Ma che dimostra una forma di empatia maggiore di quella dei suoi "buoni aguzzini" quando libera il Cristo dalla croce, sia come forme di pietà, sia come dimostrazione del fatto che il popolo ebraico non sia costituito da assassini.
Nella seconda parte, opposta e complementare, Edgardo è un giovane uomo dalla psiche divisa prima ancora che dall'animo distrutto; un individuo plagiato dal potere (è divenuto prete), la vittima di una vera e propria setta che lo ha indottrinato a seguire meccanicamente i propri dogmi annientandone la personalità primigenea, che riemerge solo a sprazzi e con violenza, come nell'iconica scena della schizofrenia durante il trasferimento della salma del papa.




Con dalla sua un budget di certo non esaltante, Bellocchio è chiamato a fare quel che può per portare in scena in modo credibile l'incalzare del Risorgimento e riesce clamorosamente ad evitare ogni ostacolo. Le sequenze della rivolta di Bologna e della presa di Porta Pia, create con giusto un pugno di comparse e inquadrature ricercate ad hoc per farle sembrare più grandi di quello che sono, riescono davvero a restituire tutta la drammaticità della situazione pur mostrando pochissimo, piccola lezione di cinema che molti cineasti dovrebbero imparare (Mario Martone su tutti).




"Rapito" è così un apologo riuscito sulla brutalità del potere intrecciato ad una interessante analisi psicologica del rapporto tra carnefice e vittima. Un'opera scomoda e forte, mai conciliatoria né compiaciuta, dimostrazione di come Bellocchio, anche se ultraottantenne, abbia ancora talento e grinta da vendere.

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