mercoledì 7 giugno 2023

La Vita è un Arcobaleno

The Rainbow

di Ken Russell.

con: Sammi Davis, Paul McGann, Amanda Donohoe, Christopher Gable, David Hemmings, Glenda Jackson, Dudley Sutton, Jim Carter, Judith Paris.

Regno Unito 1989


















Scontentati critica e pubblico con "La Tana del Serpente Bianco" (che pur vivrà in seguito una forma di apprezzamento come cult movie), Ken Russell decide di tornare alle origini, a quel suo cinema intimista e contenuto che ne aveva permesso di conoscere il nome negli anni '60. E lo fa nel modo più radicale possibile, ossia ritornando a "Donne in Amore", più precisamente al romanzo che lo aveva ispirato, vergato da D.H. Lawrence. Decide così di trasporre in pellicola un suo altro romanzo, ossia "The Rainbow" del 1915, che narra il passaggio da ragazza a donna del personaggio di Ursula, nel film del 1969 interpretato dall'attrice-feticcio Glenda Jackson, che ora ricopre il ruolo della madre della ragazza.
Con dalla sua una ritrovata ispirazione, un ottima protagonista in Sammi Davis e un cast di supporto al solito affiatato, Russell finisce così per ritrovare gusto e eleganza, senza ovviamente rinunciare alla provocazione.



Inghilterra, primi del '900. Ursula è una ragazza alle soglie del diploma e dall'indole romatica e anticonformista. Stretta tra l'attrazione per l'insegnante di educazione fisica Winifred (Amanda Donohoe) e il giovane geniere dell'esercito Anton (Paul McGann), si scontra con la famiglia per essere la fautrice del proprio destino.




Ursula è una donna moderna, forte e indomita sino all'ottusità. Alla ricerca dell'arcobaleno, la realizzazione di sé stessa, traguardo impossibile date le coordinate temporali, lotta caparbiamente per trovare una sua dimensione nel mondo. E Ken Russell è totalmente dalla sua, da buon liberal progressista quale è ne fa un eroina femminista vera e propria e ne narra la maturazione, umana e sentimentale, con vivo trasporto.
Lo scontro è quello con la cultura borghese, con la logica dello sfruttamento e della sottomissione del "debole", sia esso rappresentato dalla donna che dal proletario. Ursula non accetta le convenzioni, non accetta la condanna a morte che lo zio, grosso magnate delle miniere, infligge ai suoi subordinati per il proprio tornaconto economico, così come non accetta l'imposizione sociale del matrimonio, preferendo concedersi rapporti aperti non per mero appagamento sensuale, quanto per trovare una relazione con persone che possano presentare pregi e difetti complementari.




La maturazione sessuale viene ritratta in modo al contempo estremamente erotico e sorprendemente virginale. Per la prima metà del film, la protagonista è una vestale che sperimenta anche e soprattutto l'amore saffico, quello della bella insegnante che la inizia ai piaceri della carne. Le corse di queste ninfee nude, dai corpi caldi e dai lineamenti tipicamente gaelici, come fate della tradizione inglese, vengono portate in scena da Russell dando ampio spazio alla fisicità di Sammi Davis e Amanda Donohoe, ma senza mai cercare di stuzzicare i sensi dello spettatore, quanto per ritrarre la gioia di una carnalità primordiale, un ritorno alla natura come accettazione degli istinti basilari. Le immagini diventano così come dei quadri dai colori caldi, volti a conturbare più che eccitare, persino quando, nella seconda metà del film, l'amore è quello tra un uomo e una donna. E in tale frangete, Russell ribalta anche il suo originario simbolismo dell'acqua, non più elemento di morte, quanto di vita, simbolo di passioni irrefrenabili e genuine.
Viceversa, è la deflorazione al chiaro di luna ad essere incorniciata in modo ambiguo, come pura passione priva di vero amore, quasi un preludio ad una caduta in disgrazia che fortunatamente non si verifica davvero.



L'altra forma di maturazione, quella più prettamente umana, riguarda la presa di coscienza sociale; non tanto in riguardo alle ingiustizie tra classi, quanto riguardo all'ipocrisia imperante tra le persone. Se il simbolo patriarcale dello zio Henry (David Hemmings) è fin dall'inizio visto per lo sfruttatore impenitente che è, la vera realizzazione arriva in rapporto al personaggio di Winifred. Vista dapprima come modello da raggiungere, di donna emancipata sia umanamente che sessualmente, femminista e anarchica rampante, si scoprirà essere una semplice opportunista capace di gettare al vento i proclami anti-borghesi nel momento in cui il facoltoso zio le dimostra la più blanda delle attenzioni, finendo per sposarlo, rientrando in quell'alveo sociale solo apparentemente detestato.
Allo stesso modo, anche il personaggio del pittore Macllister (Dudley Sutton) si scoprirà semplice libertino in cerca di scappatelle, non l'artista dall'animo e sensibile e profondo che si presenta inizialmente.



Se la scoperta dell'ipocrisia degli pseudo bohemien porta ad un rafforzamento dell'odio di Ursula verso le convenzioni sociali, la maturazione umana, che passa per il tramite del lavoro di insegnante, ne rafforza il carattere e la voglia di emancipazione.
L'esperienza lavorativa la trasforma in primis in una donna. Il rapporto con i bambini sporchi e indisciplinati (Russell riesce a far trasparire tutto il sudiciume dell'epoca con pochi e forti dettagli) trasforma Ursula in una donna in grado di usare la violenza per farsi rispettare, sancendone il passaggio definitivo verso l'età adulta. Il biasimo verso il metodo educativo violento e irrispettoso della scuola post-vittoriana continua sempre a sussistere, ma si ha anche la forma di realizzazione di come una mano ferma sia spesso necessaria al fine di imporsi nei confronti di coloro (bambini o adulti che siano) i quali non rispettano il prossimo, sia umanamente che sul piano lavorativo.
Al contempo, l'attenzione morbosa del preside e insegnate mr. Harby (Jim Carter) ne acuisce la volontà di scappare dal sistema borghese, il suo rigetto per una figura maschile possessiva la cui passione si esplica solo tramite le minacce e il voyeurismo spicciolo.
Il romanzo di formazione di Ursula diventa così la storia di una ragazza che parte con idee salde e al limite del preconcetto le quali non vengono distrutte dall'esperienza, quanto arricchite; e il cui carattere libero non viene domato, quanto reso più acuto.



Russell dirige il tutto con il solito piglio sicuro, riuscendo a creare bellissime immagini usando il setting della campagna inglese, creando un mondo tanto reale quanto onirico, un sogno fatato nel quale i personaggi femminili si muovono liberi, perfettamente contrapposto allo squallore della città.
E "The Rainbow" finisce così con l'essere un'ennesima prova riuscita, un ottimo prequel di quello che resta uno dei suoi migliori film, nonché una delle sue opere certamente meno rappresentative, ma altrettanto sicuramente più coinvolgenti.

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