con: Andrea Risenborough, Christopher Abbott, Jennifer Jason Leigh, Sean Bean, Tuppence Middleton, Tilo Horn, Rossiff Sutherland, Gabrielle Graham, Hanneke Talbot, Rachel Crawford, Megan Vincent.
Canada, Regno Unito 2020
Il difetto che viene sempre e da sempre contestato al cinema di Brandon Cronenberg è quello di essere una pura fotocopia sbadita di quello del padre David, dal quale riprende tematiche, intuizioni narrative e talvolta anche qualche spunto di messa in scena senza però averne la profondità o la carica provocatoria.
Critica veritiera, ma che non tiene conto del vero difetto delle opere di Cronenberg figlio, ossia la più totale insipienza. Se già l'esordio "Antiviral" soffriva (tra le altre cose) di una mancanza di significato effettivo, "Possessor" si configura come un film totalmente vacuo, che prende uno spunto interessante e che vorrebbe declinare una tematica sempre attuale, ma che finisce per girare in tondo per tutta la sua durata senza andare mai a parare da nessuna parte.
Tasya Vos (Andrea Risenborough) è il membro di una sinistra corporazione che usa un'avvenieristica tecnologia in grado di proiettare la coscienza in un corpo altrui, usata per commettere omicidi su commissione. Dopo un colpo ben riuscito, viene incaricata dalla sua superiore Girder (Jennifer Jason-Leigh) di entrare nel corpo di Colin Tate (Christopher Abbott), fidanzato della figlia del magnate John Parse (Sean Bean), capo di un'importante azienda specializzata in data mining. Ovviamente non tutto andrà secondo i piani.
L'idea di una macchina che permette di insinuarsi dentro il corpo altrui è quantomeno geniale e Brandon la usa per investigare il tema dell'identità. L'ombra dell'opera di Philip K.Dick si allunga sul film proprio come avviene su quelli del padre, tanto che lo stesso si apre con una citazione di "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" con una macchina usata per modulare le emozioni; e proprio l'uso di tale rimando è indicativo del lavoro effettivamente svolto dall'autore, essendo un elemento portato in primo piano e poi subito lasciato a sé stesso. Perché se l'intenzione di Brandon è di far riflettere su come la mente e il corpo possano essere programmati da fattori esterni (da cui l'immagine del toro forzato ad attaccare usando delle scosse elettriche via radio), l'idea di usare una macchina che sovrascrive le coscienze è ovviamente sbagliata, visto che non si tratta di una personalità modificata esternamente, ma di una nuova coscienza inserita in un altro corpo.
Se, viceversa, la sua intenzione è quella di far riflettere sulla fragilità del concetto di identità, "Possessor" più che sbagliato è del tutto malriuscito.
Non c'è un solo momento nel quale Brandon affronti di petto il tema, si limita ad accumulare simboli e metafore senza poi dar loro corpo e significato effettivo; e, anzi, dà sfogo alla sua vena visionaria solo negli inserti onirici, appiattendo anche la semplice visione.
Questo perché parte dall'ambiguità del tutto, dove non si dovrebbe capire quanto delle azioni eseguite dal corpo di Colin sono di fatto eseguite dalla sua volontà, ma da una parte non lascia capire chi sia davvero in comando in un dato momento, dall'altra, quando lo fa, la risposta cade a vuoto, dimostrazione di come la visione di base sia già fallata di per sé stessa. Il tema diventa così un mero pretesto per un racconto, il quale è sua volta freddo e noioso.
Come in "Antiviral", anche qui la regia non riesce ad imprimere il giusto ritmo agli eventi, i quali risultano fin troppo dilatati; manca poi la tensione e la violenza insistita non è mai catartica, solo compiaciuta. Con la conseguenza che si arriva davvero ad annoiarsi subito, non riuscendo a cogliere praticamente nulla di quanto Brandon voglia esprimere. Il che tocca l'apice nella caratterizzazione dei personaggi, praticamente assente.
"Possessor" finisce per essere il classico passo indietro nella carriera di un autore, che riprende solo i difetti dell'esordio e non aggiunge nulla, anzi finisce per peggiorare praticamente tutto. Un film vuoto e compiaciuto, frutto di una visione confusa e di una direzione scialba.
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