venerdì 9 giugno 2023

Animal House

National Lampoon's Animal House

di John Landis.

Con: John Belushi, Tom Hulce, Tim Matheson, Karen Allen, Stephen Furst, James Widdoes, Peter Riegert, Bruce McGill, Verna Bloom, Mark Metcalf, James Doughton, Mary Louise Weller, Martha Smith, Greg Marmalard. Douglas Kenney, Sarah Holcomb, Kevin Bacon, Donald Sutherland, Otis Day.

Commedia/Demenziale

Usa 1978





E' straordinario notare come a 45 anni dalla sua prima uscita in sala, un film come "Animal House" non abbia perso un grammo della sua carica irriverente e sovversiva, pur essendo un perfetto figlio dei tempi in cui fu concepito.
Perché alla base di questo gustosissimo coming of age deviato al demenziale c'è quella nostalgia per gli anni '50 e '60 che impazzava negli anni '70, patrocinata persino da George Lucas con "American Graffiti", e che rappresenta l'aspetto che data in minima parte la visione.
Una nostalgia che il film fa a pezzi, passa al tritacarne dell'anarchia per dare una lettura dell'epoca che ne gonfia i difetti e l'ipocrisia e che poi si diverte a perculare in modo goliardico, eppure incredibilmente graffiante.
Per comprenderne appieno il valore e il significato, bisogna però tenere presente anche la figura che ne è stata l'artefice quanto e persino più di John Landis, ossia il compianto Douglas Kenney.




Scomparso nel 1980, a soli 33 anni, Kenney è stato in grado di rivoluzionare l'intero concetto di comicità sia in America sia (seppur in maniera minore) nel resto del mondo. Il suo stile mette da parte ogni forma di rispetto per qualsiasi cosa per farsi indecentemente corrosivo e privo di qualsivoglia freno inibitore, facendo confluire nella commedia di stampo demenziale satira politica e risvolti pruriginosi, oltrepassando il limite della volgarità senza però mai scadere nel cattivo gusto effettivo. 
Uno stile definibile come "goliardico" sia per lo stampo grezzo dello humor, sia perché nasce e si forma negli ambienti universitari. E' infatti al college che Kenney, assieme all'amico e futuro collega Henry Beard, crea la prima versione della celebre rivista "National Lampoon", qui ancora semplice fanzine scolastica. Alla fine del periodo di studi, il duo decide di trasformarla in una testata a tiratura nazionale, sulla scia del già famoso "Mad Magazine", e crea uno studio apposito, iniziando a riunire alcune delle menti comiche più fervide del periodo.
"National Lampoon" arriva nelle edicole americane nel 1970 e dopo i primi tentennamenti comincia a riscuotere un successo trascinante proprio grazie allo humor irriverente e sottilmente cattivo. Da antologia, in questi primi anni, la copertina dove si chiede al lettore di acquistarla altrimenti un cane verrà ucciso.



Il successo porta all'espansione: Kenney include nella sua produzione anche uno show radiofonico che ne aumenta la portata e le potenzialità espressive. Ed è grazie a questa espansione che riesce a reclutare alcuni di quelli che entro la fine del decennio diverranno i comici più famosi d'America: Bill Murray, Gilda Radner, Harold Ramis, John Belushi e Chevy Chase, con il quale Kenney stringerà anche una forte amicizia personale. 
Il "National Lampoon" diventa così una fucina e trampolino di lancio per talenti comici, i quali poi abbandoneranno il nido per trovare definitiva affermazione nella mitologica prima edizione del "Saturday Night Live", che trova nel lavoro di Kenney l'humus necessario per l'affermazione, tanto che lui stesso si lamenterà di come la televisione gli abbia "scippato" i talenti.




Ed è proprio in reazione al successo di SNL che Kenney decide di fare il passo verso il grande schermo per surclassare gli epigoni. E fa questo passo avanti facendo una sorta di passo indietro, tornando al 1973, anno di pubblicazione del primo, celeberrimo, allegato al "National Lampoon", ossia il famoso "1964 High School Yearbook Parody".
Si ritorna indietro di un decennio, in un'era allora (come ora) percepita come più innocente, incensata dal pensiero comune come elegante e timorata di Dio, puritana nel senso migliore del termine. E i ragazzi del "National Lampoon" decidono di stravolgere tale stereotipo e di parodizzarlo mettendo in risalto la stupidità dell'isittuzione scolastica e l'ossessione per la sessualità propria dell'adolescenza, persino in quegli anni che la tradizione vuole come morigerati; il che è chiaro sin dalla copertina, con le cheerleader intente ad esibirsi una coreografia prive di mutandine, mostrando le natiche al lettore, titillandone i sensi in modo apertamente malizioso.
Tale rilettura goliardica e sottilmente veritiera diventa la base per quello che diventerà "Animal House, nel quale confluiscono anche le esperienze al college dell'autore, virate verso l'eccesso e con qualche punta di demenzialità vera e propria.  




Kenney scrive la sceneggiatura coadiuvato soprattutto da Harold Ramis, che qui inaugura la sua scintillante carriera di autore cinematografico. Affida la regia a John Landis, all'epoca ancora fresco del successo del già di suo sovversivo "Kentucky Fried Movie", e per la produzione si affida invece a Ivan Reitman, reduce dalla collaborazione con David Cronenberg. Di suo, si ritaglia nel film il piccolo ruolo di Stork e ingaggia come frontman, pur in un cast d'ensamble, John Belushi che, lasciato a briglia sciolta, trasforma il suo John "Bluto" Blutarsky in una macchina da guerra della comicità, permettendogli di creare quello che sarà il suo primo lasciapassare nella storia del cinema.




"Animal House" è, in estrema sintesi, un'ode alla goliardia. Non alla stupidità spicciola, come una visione superficiale potrebbe far pensare, bensì a quell'indole sardonica, critica e distruttiva propria di molti intellettuali (sembra un paradosso, ma così è) i quali decidono di darle forma sottoforma di commedia, come uno sfottò urlato a squarcaigola contro ciò che ritengono brutto e sbagliato. Un urlo ovviamente accompagnato da gestacci e rumori molesti.
In "Animal House" i "cattivi" sono i classici esponenti della società borghese americana dei primi anni '60, che potrebbero essere quasi i ragazzi di "American Graffiti" una volta giunti al college. Quei figli della classe dirigente spocchiosi e viziati, la cui malriposta superiorità intellettiva cela spesso delle effettive deficienze, fisiche o mentali che siano. Non per nulla, il fascistone Neidermeyer (Mark Metcalf) viene caratterizzato come un troglodita fatto e finito che per di più finirà ucciso dalle sue stesse truppe nella tanto agognata guerra, mentre il capo degli Omega, James (Greg Marmalard), si scopre sin da subito essere impotente. Senza contare come il rettore venga tratteggiato come un intollerante da quattro soldi e il sindaco della cittadina di Faber come un mafioso vero e proprio.




Il che, in una narrazione convenzionale, porterebbe i protagonisti a rappresentare i "buoni" nel senso di depositari del giusto, personaggi bene o male ideali. A Kenney, Landis e Ramis questo non interessa, anzi credono che l'unica differenza tra i loro beniamini e i relativi antagonisti sia la simpatia. I Delta sono dei reietti totali, non solo dei buoni a nulla dal cuore d'oro, quanto soprattutto dei fancazzisti fatti e finiti che non hanno voglia di maturare, di crescere, di appartenere alla classe dirigente non perché non ne condividono idee e ideali, quanto perché preferiscono il cazzeggio spicciolo. Gli Omega sono lo status quo, i Delta non sono dei ribelli, non vogliono cambiare in meglio la società, vogliono solo godersi la vita, ubriacarsi, scopacchiare e festeggiare, incarnazione di uno spirito dionisiaco onanista ma anche innocuo, privo di ogni vera cattiveria possibile, per questo irresistibile e condivisibile.




La nostalgia per il passato viene definitivamente infranta: l'idealizzazione condivisa del decennio è fasulla, in esso non c'è un diffuso timore di Dio prima del Vietnam, la gioventù migliore era composta da simpatici allupati, quella peggiore da fascistelli allampanati. E il colpo di grazia arriva nell'ultima scena, con quel testo che annuncia come Bluto, dopo aver concupito la ragazza più desiderata del campus, sarebbe diventato senatore, proprio lui, l'esempio semovente del casinista buono a nulla, definitivo dito medio puntato contro ogni forma di ipocrisia dell'autorità costituita.




L'umorsimo di "Animal House" è trascinante, un coacervo di battute e gag fisiche che spaziano tra lo screwball classico e le intuizioni moderne con il giusto pizzico di slapstick, dove satira feroce e volgarità simpatica si fondono per creare il perfetto manifesto del film goliardico.
Le scene da antologia sono diverse, anzi forse l'intero film è da antologia dato il numero di sketch, trovate e battute che sono entrate nell'immaginario collettivo in brevissimo tempo: il toga party con l'esibizione di Otis Day e la duplice scena di sesso tra Stratton (Tim Matheson) e la moglie del rettore (un avvenente e scatenata Verna Bloom) e Pinto (Tom Hulce) e la figlia minorenne del sindaco (Sarah Holcomb), la guerra del cibo in mensa, la "visita notturna" di Bluto al dormitorio femminile, il rapimento del cavallo, oltre che il finale con la distruzione della parata cittadina.




Si potrebbe attribuire la riuscita di "Animal House" al solo trio di Kenney, Ramis e Belushi, ma non va sottovalutato il lavoro svolto da Landis in sede di regia. E' lui che riesce ad imprimere il giusto ritmo al film e il giusto tempismo alle scene, lasciando mano libera al cast durante le riprese e centellinando la durata delle battute durante il montaggio con un lavoro di assemblaggio certosino. Senza contare come spesso sul set fosse lui a decidere di sostituire le battute dello script, lasciando improvvisare gli attori con risultati esilaranti.
E nel finale, con la Deathmobile che sfascia la parata, si fanno le prove generali del successivo "The Blues Brothers", con la comicità che diventa gloriosamente distruttiva, aggiungendo un tocco di sana spettacolarità ad una visione già di per se stessa scompisciante.




Il resto, come sempre, è Storia: "Animal House" esce nei cinema americani nel luglio 1978 e a fronte di un budget di appena 3 milioni di dollari ne incassa oltre 140 nel mondo, imponendosi subito come un classico e dando vita al filone goliardico-demenziale al cinema. John Belushi diventa una superstar, John Landis imprime il suo nome a Hollywood, mentre Kenney si mette subito a lavoro su quello che diventerà un altro piccolo classico della commedia americana, ossia "Caddyshack", dal quale però prenderà le distanze già durante le riprese a causa delle divergenze con Harold Ramis.
Dopo la sua morte, il "National Lampoon" continuerà a riscuotere successo, ma a partire dagli anni '90 e con la totale sostituzione dell'editore, perderà ogni rilevanza. Ad oggi, il marchio non è che l'ombra di quello che fu, ma per fortuna sono parecchi i titoli degni di nota ad esso connessi, sia al cinema che non.



EXTRA

A seguito del successo di "Animal Huse", la "National Lampoon" continuò a produrre film per il cinema. Dopo il successo di "Caddyshack" e il pur dignitoso esito del cult "Heavy Metal", ha inaugurato una serie di culto vera e propria con "Vacation", che segue le straluate avventure vacanziere della famiglia Griswald, con protagonista Chevy Chase.




Sempre sulla scia del successo del film di Landis, la ABC ha trasmesso la brevissima serie "Delta House", che riprende le vicende dei Delta all'indomani della rivincita vista nel finale del film. Ma senza Belushi e con un umorismo castrato dagli standard televisivi dell'epoca gli ascolti sono stati bassi sin dal primo episodio, portandola ad una rapida cancellazione, dopo appena 13 episodi.





Nel 2018, Netflix ha prodotto e distribuito l'interessante "A futile and stupid gesture", biopic "anomalo" su Douglas Kenney che ne ripercorre vita e carriera, gettando luce anche su molti degli aspetti più spigolosi della sua personalità, ma senza scadere nel sensazionalistico.

8 commenti:

  1. Il cinema di John Landis mi rimette in pace con il mondo, questo è uno dei suoi tanti titoli di culto, la scena del cavallo, resta uno di quella in grado di farmi scoppiare a ridere ogni volta, anche se il film lo so a memoria (storia vera). Cheers!

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  2. Gran post per un gran film, e hai fatto benissimo a ricordare Kenney, morto in modo assurdo tra l'altro... :--(

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    1. Tra l'altro ho scoperto solo di recente della sua prematura scomparsa: guardando "A futile and stupid gesture" ero convinto che in realtà non si fosse suicidato.

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  3. E poi dopo Animali House sono arrivati i vari American Pie,Maial College ecc.ecc si cui è meglio non spender parola

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    1. Qualche parola la si potrebbe anche spendere, visto che bene o male anche "Porky's" e "American Pie" sono diventati dei cult.

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  4. Splendida rece. Raro trovare tanto equlibrio tra dati, analisi, sintesi e giudizio.
    Decisamente la migliore a riguardo che ho letto negli ultimi anni.

    Grazie.
    Esaurite quelle che hai già scritto, tornerò per le prossime.

    Suerte y Salud

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    1. Ti ringrazio, tra poco tornerò a scrivere qualche nuovo pezzo ;)

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