con: Val Kilmer, Jim Carrey, Tommy Lee Jones, Nicole Kidman, Chris O'Donnell, Michael Gough, Pat Hingle, Drew Barrymore, Debi Mazar.
Fantastico
Usa, Inghilterra (1995)
Nonostante il forte successo ai botteghini di tutto il mondo e la calorosa accoglienza da parte della critica internazionale e dalla base dei fans, lo splendido "Batman Il Ritorno" fu anche foriero di grosse polemiche da parte delle associazioni dei consumatori: l'atmosfera cupa e la violenza esplicita rendevano il film troppo forte per un pubblico di bambini; a Tim Burton fu così malauguratamente tolta la regia dei successivi film dell'Uomo Pipistrello e a sostituirlo, non con forte sorpresa, venne chiamato Joel Schumacher, cineasta che né all'epoca, nè successivamente sarebbe stato artigiano di pellicole commerciali, ma il cui appeal era forse dato dall'ottimo lavoro svolto nel cult "Ragazzi Perduti", le cui atmosfere cupe ma mai davvero orrorifiche ben si adattavano ad un blockbuster con protagonista l'Uomo Pipistrello a misura di ragazzino.
Va dato merito a Schumacher di aver esordito all'interno della produzione chiedendo di adattare nientemeno che "Batman: Anno Uno" di Frank Miller, data la mancanza di una origin story del personaggio al cinema; ma la Warner negò il permesso, adducendo come scusa il fatto che questo nuovo Batman dovesse essere più colorato, meno serio rispetto a quanto fatto da Burton nell'ultimo film. Da qui il risultato finale: laddove nel film del 1989 si cercava in tutti modi di far dimenticare al pubblico il Batman camp degli anni '60, "Forever" e soprattutto il successivo "Batman & Robin" altro non sono che una versione moderna di quel Batman spensierato, sciocco e bambinesco. Il che, oltre ad essere un passo indietro rispetto al passato, è anche il motivo per cui, alla fin fine, questi due film sono del tutto insopportabili.
Proprio il personaggio della Kidman è quello che lascia più perplessi (il che, in un roaster folle, è anche incredibile): una psichiatra infoiata pronta a tutto pur di soddisfare le sue fantasie sessuali con un uomo che si veste da pipistrello, che passa tutto il tempo a cercare di saltare addosso all'eroe in costume o alla sua controparte diurna, che serve solo e unicamente a graziare i sensi dello spettatore maschio con la sua incredibile carica erotica (la Kidman sarà così smaccatamente sensuale forse solo in "Eyes Wide Shut", dove pur interpreta un personaggio più "casto"); tanto che per una volta l'epiteto "sessista" e il termine "oggettificazione" sono appropriati.
Altra new entry che lascia perplessi è il mitico Robin di Chris O'Donnell. Da adolescente lasciato solo al mondo, Dick Grayson diventa un venticinquenne arrabbiato, con testa carusata, basettoni e orecchino da Mtv Generation; perché poi un giovane adulto debba essere adottato da un magnate poco più grande di lui è un mistero, fatto sta che almeno lui ha un arco caratteriale completo e credibile, passando da orfano assetato di vendetta a paladino della giustizia.
Decisamente peggio sono gli avversari dell'Uomo Pipistrello, anche questa volta due; Due Facce entra in scena già sfigurato e quindi tutto il suo arco caratteriale viene letteralmente gettato dalla finestra; per di più ad interpretarlo troviamo Tommy Lee Jones al posto di Billy Dee Williams, a rimarcare ulteriormente la lontananza con il Batman burtoniano. E quanto mai come in questo caso, non si può davvero parlare di caratterizzazione: non c'è ambiguità, né profondità nelle sue azioni, da figura tragica come era stato (ri)concepito nei fumetti (e come sarà presentato nel "The Dark Knight" di Nolan), quella di Harvey Dent è ora una pura maschera demenziale, un cattivone che sghignazza e urla e il cui unico scopo è quello di fare casino, né più, nè meno.
Va leggermente meglio con l'Enigmista di Jim Carrey, il quale ha (almeno in teoria) uno straccio di caratterizzazione: Edward Nygma è uno scienziato brillante, ma frustrato, che vive nel mito di Bruce Wayne e che impazzisce quando il lavoro di una vita gli viene negato. Da qui la sua rinascita come una maschera che gli permette di esternare il suo carattere estroverso e narcisista. Questo in teoria, perché su schermo Carrey trasforma questa figura disgraziata in un pagliaccio talmente folle da sembrare una sorta di Joker di Cesar Romero sotto cocaina, un clown impegnato in gag stupide e ridicole che imbarazzano anzicché divertire.
Per lo meno la sua performance è puro intrattenimento e i suoi duetti con Tommy Lee Jones (che in realtà lo odiava apertamente) sono cabaret allo stato puro. Il che porta ad uno dei problemi principi del film, ossia il tono schizofrenico.
Schumacher cerca di scavare nella psiche di Batman, di affrontare il trauma che lo affligge e che si riflette nella tragedia di Dick Grayson. Lo vediamo sognare la morte dei genitori, confrontarsi con lascito del lutto sia nella sua mente che nei dialoghi con la dott.ssa Meridian (quando non è impegnata a sbavare); in origine questa sottotrama era più articolata e culminava in una catarsi spettacolare, con l'apparizione di un pipistrello gigante a testimoniare l'identità acquisita, ma la maggior parte è andata persa nel montaggio (visionabile solo tramite la pletora di scene tagliate); quel che è rimasto è più che altro uno sguardo fugace e superficiale nella mente del protagonista e nei suoi fantasmi, che poco alla volta scompare dalla "storia", la quale resta ovviamente incentrata nello scontro con i cattivoni. Il che crea una goffa discrasia: si passa da sequenze serie e tenebrose a gag da asilo nido, da atmosfere oniriche e opprimenti a situazioni da cartone animato, con il risultato che non si riesce a prendere sul serio nulla.
Se l'intento era quello di alleggerire i toni, è riuscito fin troppo: dissociazione a parte, a farla da padrone è sempre il registro farsesco, con sequenze che sembrano vere e proprie burle o sketch d'avanspettacolo, tanto che alla fin fine non si capisce davvero cosa c'entri Batman in tutto questo. Sensazione acuita anche dallo stile ipertrofico e tronfio.
E' come se Schumacher ed il suo team creativo abbiano deciso di riprendere la Gotham immaginata da Burton e Anton Furst nell'89 e virarla verso il pop più spinto. Una Gotham "postmoderna", piena di statue neoclassiche ciclopiche su cui si stagliano neon e luci laser, una sorta di "Blade Runner" sotto acido, un mondo contemporaneamente antico e moderno, verosimile e alieno.
Se il paragone con il passato lascia il tempo che trova, presa a sé questa direzione artistica appare palesemente pacchiana e resa ancora più kitsch da una computer graphic che ne amplifica le misure ben oltre il limite dell'eccesso. Il che va ovviamente appaiato con i costumi, su tutti quelli dei due eroi, rimodellati per sembrare divinità greco-romane: ecco dunque spuntare sulle corazze i famosi capezzoli, tanto per dare un tocco inutilmente ambiguo che sposta l'asticella verso il trash più spinto, senza contare i primi piani sulle bat-chiappe ad aprire il film, giusto per far capire immediatamente al pubblico cosa sta per osservare.
Ed è un paradosso puro il fatto che, rivisto oggi, "Batman Forever" si faccia notare proprio per la mole di dettagli riversati nella direzione artistica, dagli ottimi effetti speciali alla fotografia cafona ma a suo modo ricercata, passando per le scenografie e costumi kitsch. Un modo di intendere il blockbuster supereroistico particolare, che pone lo stile come componente essenziale; stile che, per quanto deprecabile, rende unico sia questo exploit che quello successivo, cosa che non si può certo dire per molti comic-movie successivi, in particolare quelli tratti dai fumetti Marvel, che faranno della piattezza stilistico-estetica la loro nota distintiva.
Tanto che verrebbe quasi da rimpiangere i tempi in cui tutti i blockbuster erano come "Batman Forever". Se non fosse, ovviamente, per la sua terribile riuscita: più che un film, sembra di assistere ad una parata di immagini pop sfrenata, ad una serie di sequenze talvolta slegate tra loro che dovrebbero raccontare qualcosa, ma che non ci riescono, anche a causa dell'incostanza del registro. Schumacher, dal canto suo, aveva le idee chiare: questa è una "Pop Culture Opera", un coacervo di intuizioni narrative e di affermazioni stilistiche del tutto figlie dell'epoca in cui sono state concepite. E da questo punto di vista, "Batman Forever" è un film perfettamente riuscito. Poco importa il fatto che sia indigesto, schizofrenico e, alla fin fine, estremamente vacuo.
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