di David Cronenberg.
con: Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt, Elizabeth Saunders, Jennifer Dale, Vieslav Krystyan, Eric Weinthal, Jeff Yung.
Drammatico/Cyberpunk
Canada, Francia 2024
---CONTIENE SPOILER---
The Shrouds è l'ultimo Croneneberg?
Una domanda essenziale. Perché se Crimes of the Future rappresentava il punto d'arrivo di larga parte della poetica dell'autore canadese, questa sua ultima fatica è (anche) un punto di non ritorno.
Un'opera che nasce da un'urgenza, ossia l'elaborazione del lutto dell'amata moglie Carolyn, deceduta nel 2017 e che aveva già influito pesantemente sulla sua produzione, ma che qui diventa il pilastro sul quale tutto il viene costruito. E se, come si diceva, Crimes of the Future rappresentava il punto d'arrivo di gran parte della poetica cronenberghiana, The Shrouds è il suo esatto opposto, quasi uno sberleffo a molte delle sue ossessioni.
Alla base di tutto c'è Karsh (Cassell), vero e proprio doppio di Cronenberg; non un artista, anche se ha un passato da produttore di video, bensì un imprenditore che ha contribuito allo sviluppo di una macabra tecnologia: un sudario che diventa telecamera tridimensionale la quale permette ai vivi di guardare il corpo in decomposizione dei cari defunti.
La putrefazione come definitivo oggetto voyeuristico? The Shrouds parte da questo presupposto: come per il Truffaut de La Camera Verde, anche per Cronenberg un distacco definitivo dall'oggetto del desiderio, amoroso e sessuale, è impossibile. Impossibilità che prende le forme di una duplice visione: da un lato quella della shroudcam, del corpo attuale, dall'altro del ricordo, la visione nella mente di un passato che si fonde con il presente, di un accaduto che si confonde con il desiderato.
Karsh non riesce a distaccarsi dalla moglie Becca, sia a causa della tecnologia, sia a causa della relazione, inizialmente platonica, che ha con la di lei sorella gemella Terry, ma anche con l'IA Hunny, il cui avatar è letteralmente una parodia in bassa risoluzione della stessa persona. Tre entità che hanno lo stesso volto, quello di una sempre bellissima Diane Kruger, ma che rappresentano tre aspetti della donna di cui è innamorato: l'amica, la collega, l'amante.
La tecnologia diventa così nuovamente uno strumento per dare sfogo ad un'ossessione. Da cui la crisi quando questa tecnologia viene messa in discussione. L'attacco al cimitero diventa l'inizio dell'aggravarsi dello stato di paranoia di Karsh: chi vuole privarlo di questo strumento per lui essenziale? E cosa sono davvero quelle escrescenze che si formano sui cadaveri inumati?
Come in Videodrome, anche in The Shrouds esistono entità pronte ad usare la tecnologia per manipolare l'essere umano, qui prone persino ad usurparne il corpo esanime e usarlo come strumento di sorveglianza. Ma man mano che la narrazione procede, Cronenberg svela poco alla volta le carte e ci fa comprendere in modo più o meno chiaro come questa volta a lui non interessi trattare dei rischi connessi all'evoluzione tecnologica e su come questa vada a modificare l'essere umano, il suo corpo o la sua percezione del reale.
Le cospirazioni di The Shrouds sono oltremodo complesse, artificiose sino all'artificiale, tanto che lo stesso autore le mette da parte, lascia letteralmente il segreto più importante per la risoluzione del mistero sepolto sotto terra. A Cronenberg in realtà qui interessano i personaggi e i loro stati d'animo, non le sovrastrutture tecnocratiche.
Noi essere umani, forse, non siamo che degli animali il cui bisogno primario è dato dalla presenza di un partner. Tutti i personaggi di The Shrouds sono letteralmente a pezzi a causa del distacco dall'oggetto del desiderio: oltre Karsh, anche il cognato hacker Maury vive uno stato depressivo per la fine del rapporto con Terry; quest'ultima sublima con la toelettatura degli animali l'impossibilità di connettersi con Karsh; la nuova amante Soo-Min è a sua volta una moglie il cui marito è una presenza virtuale e Karsh riesce ad allacciare un rapporto fisico con lei forse proprio a causa della sua cecità, ossia per l'impossibilità di ricambiare il suo sguardo di desiderio, rivolto solo alla defunta moglie.
Tutti vivono in uno stato di abbandono, tutti sono divorati da un vuoto interiore, da cui lo stato di paranoia (Terry è una complottista compulsiva), di spaesamento (Karsh si perde nei meandri del mistero), di autodistruzione (Maury afferma di volersi suicidare e di aver cominciato a mutilarsi). La paranoia, l'impossibilità di comprendere quali forze stiano cercando di manipolare chi e perché e la difficoltà nel discernere il reale dall'immaginario sono solo conseguenze di uno stato disaffettivo. Tanto che mai come ora, neanche in eXistenZ, Cronenberg era arrivato letteralmente a parodizzare parti del suo cinema, con i complotti che si compenetrano sino a confondersi e la scena, teoricamente iconica, in cui Karsh indossa un sudario costruita in realtà in modo volontariamente ironico.
Ma The Shrouds non è semplicemente il racconto di come questo gruppo di esseri umani infelici si ritrovi a combattere la propria necessità di connessioni, prigionieri di corpi che se privati di una controparte finiscono per impazzire. Con quel colpo di scena verso il finale e le visioni che aprono e chiudono il film, Cronenberg sembra suggerire qualcosa di persino più radicale: se privato di quelle relazioni, è l'essere vivente stesso a divenire il vero cadavere.
La putrefazione non è quella di chi viene inumato e osservato marcire, ma di chi continua a camminare sul terreno, di coloro i quali necessitano un contatto fisico per sopravvivere. Le escrescenze tumorali sui cadaveri, vere o finte che siano, sono segni di vita; Karsh è il vero morto, un uomo isolato nel suo stesso corpo, chiuso in una bara di solitudine dalla quale forse può uscire, forse no, forse può risorgere in quella Budapest che è contemporaneamente sede del suo nuovo cimitero e culla di una nuova relazione, forse è condannato a continuare a marcire al fianco di colei dalla quale non riesce a distaccarsi, forse solo metaforicamente, forse anche fisicamente.
I limiti di The Shrouds sono anche i più ovvi, ossia un budget striminzito come impone di costruire tutto il film praticamente solo sui dialoghi, oltre che la decisione di abbandonare la storia per dedicarsi alla descrizione dei personaggi, scelta che non farà piacere ad alcuni spettatori, ma che risulta del tutto coerente.
Perché il risultato è un'opera quantomai dolorosa, quantomai sentita, con cui il grande autore riesce davvero a dare forma al lutto e a straziare cuore e mente nonostante il suo canonico distacco, prova di una maturità umana prima ancora che artistica pressocché definitiva.