di Fred Dekker.
con: Andre Gower, Duncan Regehr, Robby Kiger,Brent Chalem, Tom Noonan, Stephen Macht, Leonardo Cimino, Brent Chalem, Ryan Lambert, Michael Faustino, Ashley Bank, Mary Ellen Trainor, Stan Shaw, Lisa Fuller, Michael McKay, Jason Hervey.
Commedia/Horror
Usa 1987
La definizione di "cult movie" è quantomai fluida e il titolo viene spesso attaccato a film che non potrebbero neanche essere considerati tali. Quella più canonica tende a definire "cult" un film che alla sua uscita non fu capito, ignorato o entrambe le cose, ma che nel corso del tempo è stato rivalutato e, prima ancora, amato alla follia da un piccolo e agguerrito numero di fan.
Se si accede a questa più pura declinazione del significato, allora "The Monster Squad" potrebbe davvero essere il cult movie per antonomasia, per certi versi anche più di "Blade Runner", di "The Rocky Horror Picture Show" e del "Dune" di Lynch. Questo perché non solo fu un flop sanguinante alla sua uscita in sala, ma anche e soprattutto perché i fan sono ancora oggi tutto sommato pochi: in pochi lo hanno davvero visto nonostante la riscoperta avvenuta a metà degli anni 2000, con la conseguenza che la sua fanbase è decisamente più esigua (per quanto non esigua in sé stessa) rispetto a quella di altri film cult. E come sempre, la storia della produzione, della morte e della rinascita del film è già di per sé stessa degna di essere raccontata.
L'idea comune è che sia nato come epigono de "I Goonies", con il cinema horror classico che "supplisce" quello d'avventura. Il che è in realtà sbagliato: sebbene possa rientrare tranquillamente nel filone dei film per ragazzi anni '80 post "E.T.", l'idea di questo monster-mash definitivo arriva a Fred Dekker già nei primi anni '80, ossia quando l'amatissimo film di Richard Donner e Steven Spielberg non è ancora uscito.
Iniziato il college, Dekker conosce quello che diventerà presto suo collega e migliore amico, ossia il mitico Shane Black. Durante una conversazione, gli rivela il suo sogno di creare una sorta di "piccole canaglie contro i mostri della Universal", nata sia sulla scorta della nostalgia per quel cinema con il quale è cresciuto, sia notando una cosa alquanto strana: rivedendo "Abbott and Costello meets Frankenstein" si era reso conto di come il mostro fosse più spaventoso quando appaiato ad un duo di comici, perché nei suoi film in solitaria era più che altro una figura tragica. Black trova l'idea geniale e i due iniziano a tirare su uno script.
Nel frattempo inizia la produzione di "Night of the Creeps" e Dekker sviluppa con l'amico un singolare metodo di collaborazione: i due lavorano in solitaria, a distanza, e ad ogni lettura del copione ciascuno aggiunge o modifica uno o più elementi, finché si arriva alla stesura definitiva.
Ottenuto lo script, questo viene fatto girare per gli studios; il primo è ovviamente la Universal, la quale però lo respinge ammettendo di non voler creare un nuovo film nel suo universo condiviso, che aveva già chiuso i battenti decenni prima (cosa strana a sentirsi, oggi come oggi). La conseguenza più immediata fu che in fase di produzione il design dei mostri dovette essere alterato per evitare di infrangere il copyright da essa detenuta, forzatura che alla lunga giocherà a vantaggio del film. L'unica casa interessata, alla fine, è la Columbia-TriStar, a caccia di un piccolo film da poter vendere bene durante l'estate. Ottenuti i capitali, la produzione ha così inizio, ma questa volta Dekker non ha proprio la completa libertà ottenuta sul set del suo esordio.
Il produttore Jonathan Zimbert gli affianca il veterano Peter Hyams, ufficialmente in veste di produttore esecutivo, in realtà aiuto regista e sorta di deus ex machina durante le riprese, il quale arriva addirittura a minacciare a Dekker il licenziamento. Il suo stile di regia è infatti poco ortodosso a causa della sua poca esperienza e si correva il rischio che il girato risultasse insufficiente una volta giunti in sala di montaggio. Dekker, dal canto suo, capisce come tali forzature siano in realtà essenziali e ne segue le direttive, con la conseguenza che alla fine "The Monster Squad" risulta decisamente meglio diretto rispetto a "Night of the Creeps", la cui costruzione delle scene, in confronto, appare palesemente più spartana.
A film finito, inizia la compagna pubblicitaria e con essa le prime vere grane, nel senso che di campagna pubblicitaria non si può davvero parlare: la distribuzione si limita a creare un brutto teaser poster con i manifesti da ricercato di Dracula e della mummia, il cui design è peraltro diverso da quello mostrato nel film e che per di più non viene neanche distribuito a dovere. Con la conseguenza che al botteghino fu un bagno di sangue: a fronte di un budget di circa dodici milioni, il film ne incassa neanche due in patria e neanche quattro nel resto del mondo. Non ha giovato, inoltre, la pessima idea di distribuirlo a neanche due settimane dall'esordio in sala di "Ragazzi Perduti", il quale ne ha praticamente rubato il pubblico.
La carriera di Dekker subisce così un primo arresto ed è costretto a virare al circuito televisivo, dove per fortuna trova rifugio in "Tales of the Crypt", collaborando proprio con il Richard Donner di "Ragazzi Perduti" e dove dirigerà alcuni degli episodi più riusciti. Il flop colossale di "RoboCop 3", qualche anno, dopo le darà malauguratamente il colpo di grazia.
La riscoperta del film inizia già alla fine degli anni '80, grazie ai ripetuti passaggi su HBO e all'uscita su formato VHS e Laserdisc (in Italia viene trasmesso su Italia 1 nell'autunno del 1991 in prima serata e poi replicato nei pomeriggi del fine settimana per giusto un pugno di volte). Ma è nel 2006 che le cose cambiano totalmente: all'Alamo Drafthouse originale viene organizzata una proiezione commemorativa dopo che una coppia di collezionisti aveva recuperato una copia in 35mm. L'evento è inaspettatamente un successo: invitato lì, Dekker si commuove scoprendo come questo suo atto d'amore verso il cinema horror classico che credeva nessuno conoscesse ha in realtà raggiunto lo status di cult. Nello stesso anno, i fan chiedono l'edizione in DVD del film, la quale arriva poco dopo ad opera della Lionsgate e diventa il titolo di catalogo più venduto dell'anno, oltre a vincere persino un premio per la cura profusa nella sua produzione.
Una vera e propria odissea che ha portato un titolo di nicchia, ignorato da tutti, a divenire una pellicola di culto tra le più amate. E il fatto che Dekker abbia dovuto subire questa vera e propria ordalia è un peccato capitale bello e buono, visto che, a suo modo e nel suo piccolo, "The Monster Squad" è un film semplicemente brillante.
Se c'è una pellicola degli anni '80 simile a quella firmata da Dekker, essa non è tanto il cult del duo Donner e Spielberg quanto "Ghostbusters": anche "The Monster Squad" coniuga commedia e horror, dove gli elementi di quest'ultimo genere sono però sempre e comunque declinati in maniera seria; la minaccia sovrannaturale è tangibile e pericolosa e il gruppetto della "squadra anti-mostri" è così più simile agli scienziati scaccia-spettri che ai ragazzi di Goon Docks (tanto che persino il poster originale fa un riferimento al cult di Ivan Reitman e soci).
I mostri sono quelli "classici", ossia Dracula, la mummia. l'uomo-lupo, il mostro della laguna nera e quello di Frankenstein, ma lo script ne da un rilettura in parte moderna. Se tutto il gruppo ripresenta bene o male tutti gli archetipi stabiliti al cinema a partire da una cinquantina d'anni prima, con il mostro di Frankenstein in particolare che diventa apertamente buono come intuito da James Whale già nel primo film, è Dracula a presentare le maggiori differenze rispetto alla tradizione, configurandosi come una lettura del tutto originale.
Il conte-vampiro elegante e dai modi regali è sicuramente presente anche qui, ma già il fatto che ad interpretarlo ci sia Duncan Regehr con la sua fisicità imponente ed i lineamenti nordici dona al personaggio un'aura di unicità, incrementata dalla caratterizzazione effettiva: non più un gentiluomo dal cuore demoniaco, ma un vero e proprio sociopatico che non si fa scrupoli nel cercare di uccidere un gruppo di bambini o a dare della troia ad una infante.
L'opera di redesign sulle maschere della tradizione orrorifica qui eseguita dal compianto Stan Winston ed il suo studio è semplicemente incredibile.
L'uomo-lupo è simile a quello di Lon Chaney Jr., ma il colore argenteo del pelo richiama anche quello interpretato da Oliver Reed ne "L'Implacabile Condanna" della Hammer, mentre il muso canino ad esso apposto finisce per donargli un look del tutto originale.
Semplicemente perfetto è poi il costume di Gillman, ossia la creatura marina, ricreato con una tuta che ricopre l'intero corpo dell'interprete ed una maschera animatronica per riportarne le espressioni, combinazione che riesce davvero a rendere il mostro vivo e credibile, tanto che la medesima combinazione sarà usata decenni dopo dallo stesso team per la creatura di "La Forma dell'Acqua" di Del Toro.
Ottimo anche il lavoro svolto sul mostro di Frankenstein, simile a quello di Boris Karloff eppure dotato di una sua personalità, anche grazie alla bella performance di Tom Noonan, che sa donargli la giusta carica di empatia (e pensare che giusto un anno prima era stato il freddo Dente di Fata in "Manhunter" rende la sua interpretazione ancora più sorprendente).
Il design più originale di tutti, per quanto possa non sembrare, è però quello della mummia, che abbandona la fisicità impotente che Karloff gli aveva imposto in origine per divenire una sorta di non-morto rinsecchito e dal volto zombificato tanto piccolo quanto inquietante.
Sebbene il film sia uscito all'interno di un periodo nel quale i gruppi di giovani teenager imperversano nei film, i ragazzini creati da Dekker e Black risaltano per la loro genuinità, a partire dal linguaggio colorito che adoperano: le imprecazioni e le parolacce si sprecano e, in generale, la forma dei loro dialoghi rispecchia perfettamente il linguaggio dei dodicenni di allora come di oggi, rendendo la visione quantomai fresca. Inutile enumerare le battute più memorabili, tra le quali di certo svetta la mitica "L'uomo-lupo ha le palle!"; la versione italiana in questo caso è però graziata da un'altra espressione di culto, non presente in quella originale, ossia la fantastica: "Ci vediamo, dieci piani di morbidezza!" esclaamata da Rudy dopo aver "srotolato" la mummia.
La caratterizzazione dei ragazzi tende poi a conformarsi ad una visione "verosimile": riescono a credere alla minaccia sovrannaturale solo quando ne hanno davvero le prove e passano il tempo a parlare di film e a spiare le ragazze, cosa che, inutile dirlo, chiunque alla loro età faceva (o avrebbe fatto).
Proprio come fa con i suoi personaggi, il film tratta anche i suoi giovani spettatori in modo serio: non cerca di conciliarne le aspettative, né si trattiene dal volerli davvero spaventare, facendo ricorso persino alla violenza esplicita quando necessario, configurandosi anche qui come un qualcosa di singolare (e se confrontato al cinema per ragazzi di oggi, persino inedito).
La scrittura del duo di autori riesce poi anche nel non facile compito di inserire riferimenti meta-testuali all'interno di un racconto che si prende sul serio e che non vuole funzionare come una parodia e ciò riesce a causa della sottigliezza con la quale vengono calati nel contesto. L'esempio più avvertibile è il sorpannome del personaggio di Horace (interpretato dal compianto Brent Chalem, scomparso a soli 22 anni per una polmonite), detto semplicemente "fat kid", ossia l'immancabile amico ciccione presente in tutte le combricole di "piccole canaglie" mai apparse su schermo (anche se nella versione italiana diventa il più semplice "rotolo", vanificando ogni riferimento ultraneo rispetto alla storia). Allo stesso modo, il personaggio della sorella di Patrick è accreditato semplicemente come "Patrick's sister" nonostante lo screentime dedicatole, in virtù al suo status di membro esterno della "squadra anti-mostri".
Ma la "meta-inclusione" più dirompente e folle è quella che avviene nel finale, con quella risoluzione degli eventi che definire inaspettata è davvero poco: Abraham Van Helsing, che avevamo lasciato nella Transilvania del XIX secolo nel prologo, entra in scena di punto in bianco e sconfigge Dracula, ammiccando a Sean e al pubblico, senza soluzione di continuità alcuna. Perché? Semplice: perché secondo il canone non scritto di tutti i film sul conte vampiro, è solo la sua nemesi a poterlo davvero sconfiggere.
Ma Dekker non vuole davvero creare un semplice compendio di omaggi e strizzatine d'occhio, quanto uno spettacolo in grado di ammaliare chiunque e di essere sempre plausibile. L'attenzione rivolta ai personaggi si sostanzia così in un contesto umano e famigliare credibile che fa da contorno alla vicenda sovrannaturale; la sottotrama sulla crisi matrimoniale dei genitori di Sean e Phoebe (accorciata, tra l'altro, in sede di montaggio) aiuta a rendere i personaggi più credibili e a suggerire come la passione del ragazzino per gli orrori fantatici sia dovuta alla sua volontà di sfuggire ai dispiaceri quotidiani. Così come la figura dell' "abominevole uomo tedesco" (interpretato con piglio divertito dal sempre simpatico Leonardo Cimino), sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, inserisce in un contesto leggero e fantasioso una nota di quell'orrore fin troppo reale in grado di spaventare chiunque.
In generale, l'occhio e la mano di Dekker riescono perfettamente nell'intento di creare uno spettacolo che intrattiene alla perfezione per tutta la sua durata; le parti comiche riescono a far davvero ridire persino da adulti, mentre quelle orrorifiche riescono a trasmettere la giusta tensione, con un paio di scene davvero da antologia, come la comparsa della mummia nell'armadio di Eugene, vera e propria lezione su come coniugare commedia e thriller in un'unica inquadratura, o ogni singola scena in cui il Dracula di Regehr è presente, nelle quali riesce a trasmettere un senso di angoscia spesso tangibile anche quando la sua interpretazione va sopra le righe.
Senza poi dover menzioanre la componente squisitamente spettacolare, con un ultimo atto dove il confronto tra i mostri e i ragazzi diventa pirotecnico, gli ottimi SFX di Winston e persino quell'orecchiabile montaggio a metà film, eseguito sulle note di "Rock until you drop", il cui testo è tanto dozzinale e ridicolo quanto il ritmo è travolgente.
Con il suo mix di serietà e metareferenzialità e prima ancora di commedia e horror, oltre che di intuizioni moderne e nostalgia per i classici. "The Mosnter Squad" funziona meglio di molti altri exploit del cinema per ragazzi degli anni '80; forse persino più de "I Goonies", grazie al genuino entusiasmo del suo regista, davvero innamorato di ciò che sta creando.
Non solo, quindi, il suo status di cult acquisito di recente è più che meritato, ma meriterebbe di persino essere preso più in considerazione dai quei cultori del filone che fin troppo spesso tendono a dimenticarlo o a liquidarlo come un prodotto derivativo.
EXTRA
Proprio come "Ghostbusters", anche "The Monster Squad" condivide il titolo con un dimenticato telefilm degli anni '70.
Trasmessa dalla NBC tra il 1976 e il 1977, questa stramba serie per bambini racconta di un ragazzo che accidentalmente dà vita alle statue di cera di Dracula, dell'uomo-lupo e del mostro di Frankenstein grazie... alle vibrazioni elettromagnetiche del suo computer.
Nel 2018, André Gower, che nel film interpreta il protagonista Sean, ha diretto il documentario "Wolfman's got nards", che ripercorre il processo di riscoperta del film e mostra il rapporto di Dekker, oramai ritiratosi dalle scene, con l'amore dei fan per quello che considera il suo miglior film.
Nessun commento:
Posta un commento