venerdì 15 marzo 2013

Furyo

Merry Christmas Mr.Lawrence

di Nagisa Oshima

con: Tom Conti, David Bowie, Ryuichi Sakamoto, Takeshi Kitano, Jack Thompson, Alistair Browning, Johnny Okhura.

Drammatico/Guerra

Giappone, Usa (1983)














Divenuto celebre presso il pubblico internazionale, anche al di fuori del circuito dei festival, grazie all’eco suscitata da “L’Impero dei Sensi”, Nagisa Oshima incontra il mitico produttore Jeremy Thomas; nel 1983, tale incontro si rivela fecondo e gli permette di produrre un adattamento dell’amato romanzo “The Seed and the Seeder” di Sir Laurens Van Der Post, da lui scritto e diretto. Nasce così “Merry Christmas Mr. Lawrence”, suo ennesimo capolavoro, nonché cult plurigenerazionale.



Durante la II Guerra Mondiale, a Java, in un campo di prigionia giapponese, l’ufficiale Lawrence (Tom Conti) cerca di sopravvivere agli eventi insieme agli altri internati, riuscendo tuttavia a stringere un rapporto quasi amicale con l’ufficiale Hara (Takeshi Kitano, in uno dei suoi primi ruoli da protagonista). La relativa quiete viene interrotta dall’arrivo di altre due figure: il colonnello Yonoi (Ryuichi Sakamoto), nuovo comandante dal ferreo senso dell’onore e della disciplina, e lo scapestrato ufficiale delle Forze Alleate “Raffica” Jack Celliers (David Bowie), del quale Yonoi subisce una fortissima fascinazione.




La critica alla rigida etichetta della società conservatrice nipponica assume, qui, una nuova veste, quella dello scontro tra civiltà. Yonoi e Celliers divengono due opposti inconciliabili: un giovane dalla rigidissima educazione marziale e un uomo, di poco più grande, che ha deciso di disfarsi di ogni coordinata morale per divenire anarchia; un’anarchia la quale non ha alla sua base il semplice disprezzo delle regole, quanto una forma d’odio ingenerata dalla delusione conseguente all’aver sempre seguito i codici che la società impone; Celliers non è, di fatto, un folle, ma un uomo distrutto dal senso di colpa ingenerato dal voler conformarsi alle regole di un’istituzione per lui all’epoca sacra; un uomo a cui la società ha tolto tanto e che risponde disprezzando le regole che vengono imposte, a prescindere da chi le impone.



Lo scontro con Yonoi è inevitabile e incontenibile: ogni occasione diviene buona per sfidare l’autorità. La quale, a sua volta, non può che cadere vittima dello spirito indomito di chi la sfida. E se Yonoi e Celliers esistono agli antipodi l’uno dell’altro, Lawrence e Hara sono invece altre due facce della medesima medaglia: anche loro nemici, i quali riescono tuttavia ad avvicinarsi, sul piano umano, durante lo scontro. Due uomini che potrebbero essere amici, se non militassero in schieramenti opposti. Due veri e propri compagni divisi dalle regole della società. 
La rabbia e l’orgoglio si scontrano così a più riprese, mentre l’amore, inteso in senso universale, viene relegato sottopelle, pronto sempre a esplodere eppure sempre contenuto.




Molteplici sono le sequenze genuinamente belle che Nagisa Oshima riesce a creare. A cominciare dalla più famosa, quella del bacio tra Celliers e Yonoi; sequenza nella quale l’artista fa letteralmente esplodere i sentimenti dei personaggi: rabbia e sfida si confondono con la comprensione e il perdono, tramutandosi in una sensazione talmente forte da fare a pezzi la volontà di chi vi si oppone; sarà da qui che l’amore troverà la sua sottomissione, pur continuando a pulsare.
E non si può, al contempo, non citare la bellissima sequenza di “papà Natale”, che in pratica dà il titolo all’opera; durante la notte di Natale, Hara mette da parte l’orgoglio in favore dell’amore fraterno che lo lega a Lawrence, salandogli la vita. Scena che trova nel commovente epilogo il suo doppio, dove è impossibile non muoversi a compassione per l’accettazione del destino da parte del personaggio di Hara.





Nel raccontare questa storia di fraternità e guerra, Oshima crea un’atmosfera rarefatta e onirica; immerge ogni immagine nelle splendide e ammalianti note di Ryuichi Sakamoto, dalle sonorità moderne, arrivando ad una forma di post-modernismo poetico. L’emozione viene costantemente smossa sia dalla storia che dall’unione di immagini e musica, in un vortice emotivo unico e irresistibile.



Su di un piano strettamente visivo, d’altro canto, si diverte a distruggere la geometricità ozuiana di tanto cinema nipponico usando movimenti di macchina e stacchi che, alternativamente, seguono con parsimonia i personaggi, quasi a prendere per mano lo spettatore per condurlo al cuore della vicenda, senza mai scadere nel barocco o nel pretenzioso, in un equilibrio tra forma e contenuti semplicemente perfetto.



Il risultato è un piccolo-grande capolavoro di estetica e contenutistica, un inno all’amore universale che rapisce e scuote sin nel profondo, come solo la grande arte sa fare.

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