Code inconnu: Récit incomplet de divers voyages
di Michael Haneke
con: Juliette Binoche, Thierry Neuvic, Josef Bierbichler, Bruno Todeschini, Bob Nicolescu,
Drammatico
Francia, Germania, Romania (2000)
Reduce dal successo internazionale di "Funny Games", alla fine degli anni '90 Haneke approda in Francia, dove può contare su capitali più consistenti per le sue produzioni e sull'ausilio di attori dal talento indiscusso, che si cimenteranno, da qui in poi, di volta in volta nelle sue opere.
Il primo film di questa nuova fase del maestro austriaco, tuttavia, rappresenta una sorta di passo indietro nel suo stile e nei temi da lui trattati: "Storie- Racconto Incompleto di diversi viaggi" si pone come una sorta di continuazione del discorso che l'auotre affrontava nel precedente "71 Frammenti di una Cronologia del Caso"; come nella pellicola del '94 anche qui Haneke racconta diversi personaggi e situazioni isolate nella forma del racconto ma non nella storia; le storie vengono letteralmente spezzate nel montaggio: ogni episodio è una scena a sè stante, staccata bruscamente da quella precedente e da quella successiva; le singole scene spesso sono composte da un'unica inquadratura, priva di controcampi o dettagli; la frammentazione del racconto si fa così totale: Haneke rivolta il discorso di sovrapposizione iniziato dall'americano Robert Altman negli anni '70, isola totalmente i fatti narrati e, ancora più che in "71 Frammenti" e ne "Il Castello", porta la sua riflessione sul caso e sull'isolamento narrativo alle estreme conseguenze; le storie non si sovrappongono mai, i personaggi si incrociano esclusivamente nelle singole scene/inquadrature e l'isolamento narrativo si fa totale.
La destrutturazione del racconto qui si fa metafora della frammentazione della società: "Storie", infatti, racconta le vicissitudini di diversi personaggi nella Francia moderna, la maggior parte dei quali immigrati; il rapporto con culture e mentalità differenti è drammatico: la cattiveria di alcuni personaggi verso altri e genuina e fine a sè stessa; la violenza intrinseca è ancora priva di radici e motivazioni, insita nell'uomo a prescindere dalla sua nazionalità o estrazione sociale.
Finchè il racconto poggia su tali temi, il film riesce ad interessare: lo stile, al solito, distaccato del regia impedisce ogni forma di sensazionalismo o di pietismo verso ciò che viene mostrato, permettendo allo spettatore di giudicare autonomamente gli eventi; tuttavia Haneke, inspegabilmente, decide di intrecciare la questione sociale con quella estetica: la storia Anne (Juliette Binoche), bella attrice in carriera, si fa presto riflessione sulla falsità del mezzo cinematografico; teoria come sempre interessante e veritiera, ma che all'interno del racconto risulta futile e fine a sè stessa, visto sopratutto lo stile frammentario adoperato dall'autore.
"Storie", dunque, è una pellicola non riuscitissima, finanche inutile considerando i futuri lavori del regista, ma non disprezzabile: Haneke torna si indietro, ma riesce comunque a completare il discorso della ditruzione narrativa in modo compiuto e definitivo.
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