di Sam Raimi
con: Hal Dlerich, Bruce Campbell, Ellen Sandweiss, Betsy Baker, Theresa Tilly, Ted Raimi.
Horror/Splatter
Usa (1982)
Per coloro che sono cresciuti durante gli anni zero, il nome di Sam Raimi è indissolubilmente legato alla fortunata trilogia di Spider-Man, franchise multimilionario caratterizzato dall'estrema semplicità narrativa e da una messa in scena che, salvo sparute concessioni, è classica fin nel midollo. Caratterizzazione che cozza totalmente con chi è invece cresciuto negli anni '90 ed ha conosciuto Raimi per un'altra trilogia, quella di "The Evil Dead", oltre che per una serie di pellicole del tutto eterogenee, che spaziano dal western alla commedia romantica; su tutto, il nome di Raimi è associato ad una messa in scena sperimentale e folle, nella quale le comuni regole di costruzione della scena e dell'inquadratura vengono sovvertite in nome di un effetto deflagrante, che spiazza lo spettatore prima con il significante e poi con il significato, mischiando inoltre un amore "viscerale" per lo splatter ad una comicità demenziale irresistibile.
E' inutile negarlo: meglio ricordare il nome di Raimi per quei piccoli horror artigianali piuttosto che per le grosse produzioni, le quali possono anche aver fatto breccia nel cuore di una generazione, ma non hanno la forza espressiva degli esordi.
Esordi che sono stati a dir poco rocamboleschi per questo cineasta del Michigan. Raimi si ritrova a soli 20 anni con un curriculum di film amatoriali lungo un kilometro, da cui deriva la volontà di un esordio nel lungometraggio; il genere a lui più congeniale è la commedia, ma si rende subito conto di come, alla fine degli anni '70, sia più semplice ottenere finanziamenti per un horror, genere decisamente più vendibile. Il buon Sam raduna con sé l'intera combriccola di amici, formata dal mitico Bruce Campbell, i produttori Robert Tapert e Scott Spiegel, oltre che un imberbe Joel Coen. Insieme creano un demo chiamato "Within the Woods", test per quello che sarà "The Evil Dead"; grazie alla buona qualità del girato, ottengono la promessa di 120 mila dollari per sfornare il lungo, ma iniziano a girare con soli 80 mila dollari. Il risultato è un esordio folgorante, divenuto cult già alla sua primissima apparizione e oggi tra gli horror più amati di sempre.
I punti di riferimento per la creazione della mitologia di "The Evil Dead" sono innanzitutto gli horror di Lucio Fulci, dai quali viene ripresa l'idea di una pellicola priva di una storia vera e propria, adagiata più sui canoni della pura emozione e dell'atmosfera; in secondo luogo, Raimi riprende la mitologia di H.P.Lovecraft e pone al centro di tutto il mitico Necronomicon, il libro dei morti che qui evoca una serie di forze maligne che si divertono a possedere e tormentare i vivi.
La regia si concentra così dapprima sul mood, a dir poco opprimente: i boschi dai rami fitti e avvolti nelle tenebre e il senso di isolamento e disperazione filtrano perfettamente già dai primi minuti. Con un uso appassionato dei grandangoli, Raimi crea immagini sbilenche e storte che comunicano perfettamente il senso di smarrimento dei personaggi. E quando va oltre la pura atmosfera, non si tira indietro davanti a nulla.
Il virtuosismo, per il giovane filmmaker, è un imperativo: basterebbero da sole le soggettive della presenza nei boschi per rendere indimenticabile la regia di questo suo esordio, ma Raimi va oltre. Se per i primi 3/4 di film la messa in scena è classica, con una forte predilezione per le inquadrature d'insieme, nell'ultima parte, quando le cose precipitano, questa diviene a dir poco folle, con movimenti di macchina che ribaltano i frame, inquadrature in diagonale ed un montaggio azzardato, riuscendo sempre a spiazzare e affascinare.
Se la serie di "Evil Dead" resterà famosa per il suo connubio tra spaventi e risate, questo primo capitolo è totalmente "serio", un horror tout court dove c'è un'unica concessione al grottesco, data dal rifacimento della gag de "I Tre Marmittoni" in cui il trio allaga una casa, rifatta con il sangue al posto dell'acqua e piazzata poco prima del rush finale, in modo da perturbare più che divertire.
E il senso di terrore, benché cominci sempre dall'atmosfera, sfocia in effetti splatter privi di ritegno: tra corpi fatti a pezzi e ettolitri di sangue, Raimi si diverte a disgustare lo spettatore nei modi più creativi possibili, arrivando persino a filmare una delle scene più disturbanti apparse su schermo, ossia lo stupro "floreale" di una delle vittime. Il basso budget è avvertibile nell'uso di effetti speciali già vecchi all'epoca delle riprese, tra protesi costruite in modo scarno e l'animazione stop-motion per la decomposizione delle creature. Tuttavia, la regia riesce a fare di questa povertà una forza: pur vecchi, questi effetti artigianali riescono a donare uno charme d'antan alla pellicola, apprezzabile oggi più che al tempo della sua uscita.
Se il comparto visivo è curatissimo, quello sonoro lo è ancora di più: Raimi riesce a creare sonorità spaventose, con voci dall'oltretomba che riemergono in superficie in modo sinistro, in grado di suscitare brividi anche verso lo spettatore più navigato.
La padronanza del mezzo filmico da parte dell'autore è così totale e totalizzante: più che un esordio o un B-Movie d'epoca, "The Evil Dead" sembra davvero l'opera di un filmmaker navigato, cosa incredibile per un regista che per la prima volta si cimenta nel lungometraggio. Prova di un talento che, purtroppo, oggi come oggi risulta appannato in favore del classicismo hollywoodiano. Ragion per cui oggi la trilogia dei "morti malvagi" acquista un valore ancora maggiore.
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