di Jeannot Szwarc
con: Helen Slater, Faye Dunaway, Peter O'Toole, Mia Farrow, Marc McClure, Brenda Vaccaro.
Fantastico/Supereroistico
Usa (1984)
Persa l'occasione di introdurre il personaggio in "Superman III" (1983), i Salkind decidono di produrre una pellicola totalmente incentrata su Kara Zor-El, alias Supergirl, la cugina kandoriana del celebre Uomo d'Acciaio; il risultato è pietoso: il personaggio, già sciatto nei fumetti, diviene al cinema protagonista di una pellicola noiosa, piatta e talmente naif da sconfinare subito nel camp più puro.
Fiutata la beffa, fortunatamente Christpher Reeve decise di non prendere parte al progetto; unico collegamento con le altre pellicole del supereroe di Metropolis viene dato dal solo personaggio di Jimmy Olsen, anche qui interpretato da Marc McClure.
La trama è puramente pretestuosa: la giovane Kara (la bella Helen Slater, unica vera nota positiva del film) perde nello spazio un globo luminoso, fonte di energia della città spaziale di Kandor, ultimo avamposto dei Kryptoniani; per recuperarlo è costretta a scendere sulla Terra, dove acquista i superpoteri divenendo la supereroina nota come Supergirl; dovrà vedersela con una spietata avversaria: una strega (!) i cui poteri derivano dal globo (!!) interpretata da Faye Dunaway (!!!).
La storia non decolla mai: troppo scontata e lineare, si fa subito mero pretesto per l'avventura e l'azione; peccato però che nel 1984 le sole acrobazie aree e gli effetti speciali pirotecnici non bastino a salvare una pellicola; la mancanza di idee nella messa in scena si fa sentire: il villain è totalmente fuori luogo (perchè una strega?), la drammaticità viene proposta solo alla fine del terzo atto ed unicamente per tentare una futile forma di empatia verso il personaggio e il romanticismo è trito, pur essendo, per una volta, declinato dal punto di vista femminile.
Il regista Szwarc, dal canto suo, non ha nè l'estro creativo di Donner, nè il sense of humor di Lester: la sua regia è meccanica e piatta e si affida perlopiù ai soli effetti speciali e alle scenografie per creare spettacolo; non riuscendo a controllorare a dovere la pellicola, la fa cadere spesso nel ridicolo, mandando a farsi benedire la sospensione dell'incredulità fin dai primissimi minuti; va detto, però, che la colpa non è tutta sua: il personaggio di Supergirl nasce con l'esclusivo intento di avvicinare giovani lettrici ai fumetti, ponendosi unicamente come versione in gonnella del suo cugino kryptoniano; dedicarle un'intera pellicola è davvero troppo, avrebbe funzianato perlopiù come comprimaria in un film di Superman vero e proprio, come sarebbe dovuto accadere.
E spiace davvero vedere coinvolti in un disastro simile tre attori del calibro di Peter O'Toole, Faye Dunaway e Mia Farrow, simboli del cinema d'autore americano e british degli anni '60 e '70 chiamati unicamente come guest star a ricoprire ruoli infimi e ridicoli.
"Supergirl", in definitiva, è una pellicola trash vera e propria, che non offre nulla allo spettatore se non forti dosi di umorismo involontario.
Nessun commento:
Posta un commento