Animazione/Surreale
Canada (1981)
Inaugurata nel 1974 e pubblicata sino al 2006, “Métal
Hurlant” è stata la più importante rivista fantascientifica della storia, per
quel che riguarda il mondo dei fumetti. Fondata da Moebius assieme all'amico e
collaboratore Philippe Druillet (con lo pseudonimo di “Les Humanoides
Associés”), ha ospitato storie di grandi artisti e nomi noti del fumetto, come,
oltre lo stesso Moebius, Enki Bilal e Milo Manara. Tema centrale in tutte le
storie era dato dall'ambientazione visionaria dei singoli racconti, che si
svolgevano in futuri distopici o post-apocalittici o mondi estranei di stampo
fantasy o hard sci-fi. La parola d’ordine, in merito al materiale da
pubblicare, era una sola, ossia la completa libertà dei singoli artisti nel
raccontare e ritrarre i propri personaggi e le relative azioni.
I racconti presentati erano così caratterizzati, oltre che
dallo stile visionario, da una componente irrimediabilmente “adulta”, data dal
tasso di violenza ed erotismo, sempre marcati. Non si trattava, d'altronde, di
una pubblicazione per infanti, ma per appassionati di fantascienza e fantasy di
tutte le età.
Successo immediato sin dai primi numeri, “Métal Hurlant”
trovò anche un adattamento negli Stati Uniti, dove fu ribattezzata “Heavy
Metal”. Inaugurata nel 1977, questa versione anglofona della creatura di
Druillet e Moebius ha permesso ai lettori statunitensi di scoprire non solo le
storie degli autori originali, ma anche di nuove leve che trovavano presso la
stessa una fonte essenziale per affermarsi sul panorama del fumetto
indipendente, lontano dalle restrizioni proprie di quello mainstream.
Acquistata da Kevin Eastman nel corso degli anni ’80, “Heavy
Metal” fu in realtà fondata ed edita, nei primi anni della sua vita editoriale,
niente meno che dai National Lampoon, ossia da quel gruppo di autori che
sdoganò l’umorismo satirico e distruttivo in tutti gli Usa. Le storie
visionarie e adulte del magazine ben si sposavano con lo humor selvaggio della
casa editrice e la rivista ottenne un buon seguito da parte del pubblico.
Successo che portò persino alla creazione di un
lungometraggio omonimo: datato 1981, “Heavy Metal” è figlio delle visioni,
acide e distruttive, di quel gruppo di comici e artisti che trovò fortuna
proprio grazie a National Lampoon, ossia, in primis, Ivan Reitman e Harold
Ramis, i quali, reduci dal successo di “Animal House”, decisero di dar vita ad
un film che omaggiasse non solo il tono e le storie della versione
americana, ma anche e forse soprattutto dell’originale europeo. Il risultato, pur
lungi dall’essere perfetto, è tuttavia un film divertente e audace.
Affidata la regia generale a Gerald Potterton, Reitman,
nelle vesti di produttore, immagina un film ad episodi, dalla struttura del
tutto simile a quella della rivista. Ogni episodio, 8 in totale, è così scritto
e diretto in autonomia da un pugno di affiatati artisti, tra i quali spiccano
Dan O’Bannon e, soprattutto, lo stesso Moebius, che cura l’ultimo episodio, “Taarna”,
non solo il più bello e riuscito dell’intera antologia, ma anche il più
visionario e visivamente curato, dalle animazioni fluide e dai colori
sgargianti.
Ogni episodio ha una storia a sé stante; tutti e 8 sono
unificati dal mcguffin del “Loc-Nar”, una sfera color smeraldo senziente, che
afferma di essere l’incarnazione di tutti i mali e che finisce per causare il
caos, in un modo o nell’altro, in tutti i mondi che visita.
Come è facile intuire, non tutti gli episodi hanno lo stesso
valore. Tolto “Taarna”, quasi tutti gli episodi risultano scontati nella
storia, che pur riprendono talvolta le pubblicazioni originali della rivista.
Non c’è, il più delle volte, vera sorpresa nelle trame e la qualità dell’animazione
varia da episodio ad episodio, mantenendosi, per fortuna, sempre su livelli
accettabili.
“Heavy Metal” cade così nella stessa trappola che molti dei
racconti che ospita, in entrambe le sue incarnazioni, finiscono per attivare,
ossia un’immaginazione selvaggia, adulta e affascinante messa al servizio di
storie basilari e poco riuscite, rendendo il tutto barocco e, talvolta,
sterile.
Tuttavia, sarebbe ingiusto bollare lo sforzo umano e finanziario
dietro tutta l’operazione come vano.
L’antologia creata da Reitman e soci è
tutto sommato divertente, oltre che incredibilmente visionaria. La fantasia è
al potere, una fantasia adulta, che si fregia di elementi erotici e violenti in
modo esuberante, ma mai fastidioso e, soprattutto, che riesce a intrattenere a
dovere per tutta la sua durata.
Impossibile non amare l’episodio “Captain Sternn”, nel quale
l’ufficiale lestofante viene perseguitato da un teste reso un gigante
arrabbiato dal Loc-Nar, in un inseguimento folle e pregno di humor nero. O non restare scioccati davanti a "B-17" e ai suoi non-morti scheletrici.
Se la visione riesce a intrattenere il merito, oltre che degli autori, è dovuto anche alla bella colonna sonora, che si fregia di pezzi dei Black Sabbatth, Blue Oyster Cult, Nazareth, Cheap Trick e Devo, tra gli altri.
Una visione, quella del film, divertente e divertita, che lascia poco a fine proiezione ma che incanta per i suoi 86 minuti di durata. Tanto che l'epiteto di "cult" che la pellicola ha guadagnato nel corso degli anni, per una volta non pare davvero esagerata.
EXTRA
Nonostante gli incassi non esorbitanti, “Heavy Metal” ha
avuto, nel corso degli anni, almeno altre due incarnazioni.
La prima è il film “Heavy Metal 2000”, uscito nell'anno del titolo.
Basato su di un racconto di Kevin Eastman, è un piccolo film di fantascienza
adulta che fa da pseudo-remake dell’ultimo episodio del film originale. Nei
panni della protagonista troviamo Julie Strain, statuaria modella moglie di
Eastman; tra i doppiatori spunta persino Billy Idol.
Il film ha avuto un discreto successo, tanto che l’anno
successivo uscì un seguito, questa volto sotto forma di videogame: “Heavy Metal
F.A.K.K. 2”.
Trasmessa tra il 2012 e il 2013, “Metal Hurlant Chronicles”
è una serie antologica che si ispira alle storie e all’arte di entrambe le
riviste, con storie inedite e affascinanti. Nel cast figurano Michael Jai White, Scott Adkins, Rutger Hauer e la bellissima Kelly Brook.
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