di David Cronenberg.
con: Christopher Walken, Brooke Adams, Martin Sheen, Herbert Lom, Tom Skerrit, Anthony Zerbe, Nicholas Campbell, Colleen Dewhurst.
Thriller/Drammatico
Usa (1983)
All'inizio degli '80, Cronenberg vanta al suo attivo una serie di film di successo e il riconoscimento della critica, oltre che dei patiti del cinema horror. Il passo successivo è l'arrivo a Hollywood e la collaborazione con qualche grosso produttore che permetta di fare il "salto di qualità" alla sua carriera.
Occasione che si concretizza grazie a Dino De Laurentiis: sull'onda del successo di "Carrie" e "Le Notti di Salem", il grande produttore italiano, ormai stabilitosi in Usa, cerca di mungere la vacca delle opere di Stephen King e mette in cantiere un adattamento del suo romanzo del 1979 "La Zona Morta". Ottenuto uno script da parte di Jeffrey Boam (all'epoca reduce dal piccolo cult "Vigilato Speciale" e che poi si specializzerà in sequel di lusso come "Indiana Jones e l'Ultima Crociata" e "Arma Letale 3"), De Laurentiis cerca in primis di coinvolgere Andrzej Zulawski, ma i negoziati non vanno a buon fine. Ottenuta la collaborazione di Cronenberg, la pellicola entra ufficialmente in produzione sotto la supervisione di Debra Hill, a sua volta reduce da "1997: Fuga da New York". Cronenberg, dal canto suo, riesce a portare sul set Mark Irwin nelle vesti di direttore della fotografia, ma deve rinunciare alla collaborazione di Howard Shore per le musiche, sostituito comunque da un ispirato Michael Kamen.
Il risultato è un thriller dalle tinte soprannaturali coinvolgente, dove il grande artista canadese decide di concentrarsi sul protagonista e la sua umanità piuttosto che sui risvolti orrorifici della vicenda, confezionando uno dei suoi film più toccanti.
La mutazione, questa volta, non è in atto del tutto. Johnny soffre di emicranie già prima dell'incidente e, dopo di questo, le fitte si trasformano in visioni. Il coma e prima ancora lo shock sono la causa scatenante dell'evoluzione mentale, che lo trasforma in una sorta di scanner particolare. Laddove i personaggi del film dell'81 potevano entrare nella mente altrui, Johnny riesce a fare qualcosa di più, ad inserirsi nel loro destino, a prefigurarne gli eventi e ad alterarli; la cosiddetta "zona morta" del titolo è quel tassello mancante dato dall'incognita, dalla capacità di trasformare la visione di un futuro certo in una pura eventualità (nel romanzo, invece, il titolo si riferiva alla parte non usata del cervello, quel 90% dell'organo che secondo la leggenda metropolitana se attivato garantisce abilità sovraumane). A differenza degli scanner, Johnny deve però toccare il prossimo, stabilire un contatto fisico attraverso il quale quello psichico possa realizzarsi.
E' lo stesso Johnny a citare due dei modelli di ispirazione del suo personaggio, ossia Edgar Allan Poe, in particolar modo il suo alter ego nel poema "Il Corvo", nonché l'Ichabod Crane di Washington Irving. Tutti e tre sono piccoli uomini comuni, letterati e insegnanti (come lo stesso Stephen King) che si ritrovano loro malgrado a confrontarsi con l'ignoto, risucchiati di punto in bianco nel paranormale. Ma a differenza dei modelli, entrambi vittime di forze loro più grandi, Johnny ha una forma di controllo e sceglie volontariamente il suo destino. Da cui la duplice valenza dei suoi poteri, catalogabili sia come benedizione che maledizione: è sua madre a definire la preveggenza come dono divino, ma è un'altra madre, quella del serial killer che aiuta a catturare, ad apostrofarlo come entità demoniaca.
La fluidità tra bene e male trova una risoluzione solo nel finale, mentre tutto il film viene lasciata in essere. D'altronde, proprio come gli scanner, anche Johnny soffre fisicamente ogni qual volta usa il suo potere, guadagna la possibilità di cambiare le sorti della gente perdendo una parte di sé stesso, dovendo scegliere, alla fine, il minore tra i due mali. La scelta di Christopher Walker, in tal caso, è azzeccatissima e il grande attore riesce a dare perfettamente volto e corpo ad un uomo sofferente, dilaniato dai sensi di colpa oltre che dal dolore fisico.
E' proprio sul dolore e sul rimpianto che Cronenberg decide di soffermarsi. Così come farà ne "La Mosca", anche qui decide di enfatizzare il lato umano della vicenda, di dare spazio al modo in cui il protagonista reagisce al dramma piuttosto che al dramma in sé stesso. Quella de "La Zona Morta" è anche una love-story spezzata dagli eventi, che si riverbera nell'impossibilità per il suo protagonista di vivere una vita normale, o quanto meno normale dei limiti di quanto gli sia possibile. Da cui la sua volontà reclusiva, la sua impossibilità di relazionarsi con coloro ai quali serve aiuto e la decisione finale di mettere in gioco la propria vita a fin di bene.
Cronenberg questa volta non usa effetti speciali, né come abbellimenti tecnici, tantomeno a fini narrativi. Con la conseguenza che "La Zona Morta" è anche uno dei suoi film più rigorosi, stretto nelle maglie di una messa in scena dalla perfetta e calzante semplicità.
In tal modo, la vicenda riesce a trasparire perfettamente dal racconto e a farsi comunque potente e intrigante, coinvolgendo fin nel profondo.
Il film è uno dei miei preferiti, sia di Cronenberg che in generale, ma devo ammettere che non ho ancora letto il romanzo.... è sulla mensola a prendere polvere XD
RispondiElimina